lunedì 19 dicembre 2011

Liguria



Quel viaggio, ubriacatura d’infinito
sull’azzurro, improvvisi squarci schiusi
da rocce arroventate con dintorno
verde salso d’acuminati abeti.
La sensazione intensa del riposo
ha lenito asprezze muffite
un mezzogiorno alto d’uno spazzato
sole:
         la Palazzata di Camogli,
il gelido pigato paglia d’oro
con te, serena malgrado gli acciacchi…

Dopo, mi chiedo, adesso, ritornati
alla triste pianura, quei ricordi
nitidi di colori chiari e forti.
Sogno il tuo sguardo, sempre, luce bianca
intrigata nell’amore dal tempo.
Mancano i passi del mattino, solo,
la panchina sul seno di Paraggi
e chissà cosa, nell’oblio del vento
oltre all’andare senza meta alcuna.

mercoledì 9 novembre 2011

...ermetismo...

Cos’è l’ispirazione se non cedere
all’indicibile che segna il tempo?
Cosa sarà  del far poesia dopo
che l’odio avrà spartito ogni sostanza?

lunedì 7 novembre 2011

...sic transit gloria mundi...

ho passato il giorno a leggere i versi degli altri
fuori l'orbe era grigio grigio d'acqua novembrina
poi la penna m'ha chiamato a districar qualche rima
dall’aggrovigliato serto col quale un tempo mi solevo fregiare:
ora c'è già  il buio, fuori, ed i contorni del mondo si confondono
suggerendo il buon tema della claustrale solitudine

non sono tra quei poeti dall’ansia consunti nell’attesa
che un'algida virginea luna torni ad abbarbicarsi al blu
della notte: lascio ai  diversi dell’intero romanticume
le corrusche scempiaggini e tutto quello strangosciato streben
che altro non fa che invocar la nausea dello sboccare aneliti...
ho passato un altro giorno? Non me ne sono accorto:
questo è grave!

martedì 1 novembre 2011

Pensieri in margine a vita e scrittura (poesia, se così vi piace)

         Devo ancora imparare a scrivere! Non lo posso affatto negare, dato che mi fermo sempre alle idee che ronzano in testa senza nemmeno sfiorare la possibilità di metterle nero su bianco. Forse è proprio questo l’inghippo, la vexata quaestio: vorrei tanto scrivere, ma non ci riesco! Non ci riesco non perché non ne sono capace, no.
Non riesco perché non mi applico sufficientemente al supplizio di quell’autofustigazione quotidiana che il buon Manzoni chiamava ricerca dell’ispirazione. Che bello! Starsene seduti a tavolino aspettando che qualcosa piova giù dal cielo (o salga dal basso ventre, sic!) trastullandosi con la vaghezza di pensieri passeggeri che spesso hanno la consistenza dei mitici conti della serva. Non è per me.
L’esperienza maturata lungo gli anni dedicati alla ricerca poetica, mi suggerisce che tutto rimane aggrappato all’attimo che fugge, al barbaglio d’eternità che anche alla nostra miseranda umana condizione viene concesso di vivere. Tutto cambia quando comincio a vivere l’essere ed a viverlo con estrema coscienza e consapevolezza! In quello spazio esiguo possono germonare le cose più belle.

sabato 8 ottobre 2011

Rifugio

Trovo dimora, finito il mio volo,
nell’intrico dei rami, quel riposo
cercato, quel nascondermi per ghermire
la nudità della luce senza offendere
il pudore della notte.

Dal riparo scruto, sentinella accorta,
ogni guizzo frusciare o schiocco improvviso
nell’attesa del mattino, quando la veglia
paga il sonno ai primi baleni
rifratti dalle fronde.

Mani al cielo, quelle cime, implorazione
vacillante nell‘inclemenza:
aggrappato all’impermanenza della geometria
attendo avido i frutti del tempo propizio
per abitare impavido l’occasione.


Galliate, 15 giugno 2011

Riconoscimento

Ho esitato parecchio prima di mettermi a scrivere questo post. Parecchio è un eufemismo! Qualche settimana, dall'ultima comparsa (toccata e fuga) e mese dal  concorso nel quale mi sono classificato secondo con il componimento poetico che farò seguire a queste parole. Se ho ritrovato l'entusiamso di scrivere lo devo a molti dei miei fedeli lettori e critici, certo, dato che di tanti apprezzo la schiettezza degli interventi sui rispettivi blog nonchè le singole capacità. La scrittura è una faccenda seria! Comunque. Quanto leggerete sotto è parte del testo della mail che ho ricevuto il 23 agosto scorso.
L'editore Lietocolle da anni si dedica alla pubblicazione di opere poetiche. Da quanto ho potuto conoscere, si tratta di un lavoro accorto e professionale, diverso da quello che troppi editori a pagamento propongono illudendo i clienti in ogni senso. Se l'arte è Arte, non necessita di troppi puntelli finanziari.
Un grazie a chi mi ha sempre letto!
A Presto.

Gentile Massimo,

è con grande piacere che ti informo che la tua poesia "Rifugio" si è classificata al secondo posto. Premio: la pubblicazione gratuita - nell’anno 2012 - di una raccolta di 10 testi max 28 versi cad. – valutata dall’editore LietoColle, nella collana Solodieci.
Rinnovando i complimenti, resto in attesa di ricevere una tua proposta inedita per realizzare la pubblicazione di cui al premio che ti spetta.


venerdì 9 settembre 2011

...et in arcadia ego...


Scampando alle meccaniche del mondo
- i denti dell’ordigno fanno scempio
di me se non m’accorgo dell’imbroglio –
lo scoglio della doverosa tregua
per spaccare l’ apnea dei turbamenti,
offre occorrenza per trafugare
ai tuoi occhi  la scorsa dell’intesa.

Cos’è l’autentica vita? Smarrita
orma sull’infattibile, discorso
interrotto, frammentato sentiero.

“Dove?”Mi chiedi ansando.
“Oltre!” Rispondo stanco. Quali segni
siglano confine all’altrove, scritti
da un dio distratto che scombina le carte
del solitario quotidiano gioco.

Raccolgo la contesa, spero, alto
sulla bufera di voci sconvolte,
le tue piccole mani che carezzano
erica di passione nel silenzio
che tritura ogni aspra ipocrisia.
“Dove?” Ancora domanda appesa:
laddove l’inquietudine combina
ogni possibile aritmetica interiore.

sabato 3 settembre 2011

Non sono scomparso!

Sarà stata colpa dell'estate, questa interruzione. Non sono scomparso anzi, riprendo con entusiasmo le mie pubblicazioni sul blog dopo qualche settimana di silenzio e riflessione.
Confido nei miei lettori fedeli come  e quanto loro potranno confidare  nelle mie letture e visite.
 A presto!

sabato 23 luglio 2011

Partire (sempre)

La pianura dalla Ponzana (frazione di Casalino - NO)


Accade, certi giorni, che la vita
s’avvelena e non sai come scovarne
la causa. Scopro la fiacca di lettere
stantie, anche perché il mio trovare
costringe nel volo dell’ inquietudine.

Ho solo voglia d’andarmene via,
ora. Qui, ormai, tutto è guasto di fiele,
l’umano limite morto d’inedia.
Allora, fosco d’entusiasmo
t’affanni organizzando e scopri che,
quando prepari tutto e tutto è pronto,
l’idea del viaggio spossa prim’ancora
di gettarti alle spalle mesi stracchi
di dura insonnia e preoccupazioni.
L’amaro gusto del tagliare sciape
consuetudini getta fuori
tanto che senti la nudità cruda
e scruti l’essere pulsare forte
nell’apertura della quieta vita.

L’ispirazione, mosto ribollente,
trascina nella schiuma dello scrivere
ovunque. Fitti intrecci di versi,
trame schizzate nottetempo
su grigia polvere rendono anima
al gusto del partire.

martedì 19 luglio 2011

Grammatica interiore

Metto in rete la mia ultima "fatica" poetica (e tale la devo considerare). Qui si susseguono giorni di pioggia e freddo al punto che sembra d'essere già in autunno tanto che la sera si accendono stufe e camini per stemperare la morsa dell'umidità. Certo, già in autunno, anche se mancano i colori che rendono unica la valle Vigezzo in ottobre. 
Mi sono messo a scrivere trasportato dall'onda della riflessione e del vissuto, cercando di decifrare questa grammatica interiore in una lingua in grado di comunicare. Spero di essere riuscito nel compito.


Parlo la lingua oscura di passioni
Nere d’inchiostro. Biascico parole
Smerciandole composte in versi senza
Troppo curarmi di coloro, tanti,
che non desiderano liquidare
il balzello esecrabile del mondo.
Per me, lo pago ogni fredda mattina
Nel passeggio col cane, tra il silenzio
Di mura, soglie e finestre che tacciono
La marea della disperazione.
Quale grammatica implora d’usare
L’io inetto e maldestro per cospirare
La morte di dio?

Perché, domando, il mio poetare
(sgraziato verbo per dire il mistero
Delle mani sporche d’eterno)
S’ostina lungo strade irte d’insidia?
Altri poeti cantano del sole,
dell’intenso profumo d’una mammola
o come dir si voglia lo scontato
d’una stucchevole semplicità.
Per me riserbo l’arrancare
Di chi s’appropria di quanto non spetta.

Si, architetto, pianifico la fuga
Nel dove l’intimo grembo feconda
Il germe pullulante dello spirito.
Saranno squarci sul sereno, certo,
boschi e radure, sentieri interrotti,
il lavoro del fare trafficando
sulle emozioni offerte in custodia.
Cosa sarà del bello e dell’incombere
Tutto della natura e attorno al senso
Che scuote il significato in domande?

Mi devo accontentare, per adesso,
di sogguardare dalle imposte
socchiuse: troppa luce punge gli occhi
stanchi. Fuori sussulta un mondo
si dipana l’esistere hic et nunc.

Nient’altro, adesso! Devo caricare
Olio Nel lume per non inciampare
tra la folla che urla il miglior prezzo:
chi oserà rovesciare i banchi
dei mercanti? Troppo rancore e odio
pestano le passioni.




venerdì 15 luglio 2011

Nulla dies sine linea

Non più un giorno senza scrittura. Il motto lo adottò Jean Paul Sartre, io m'accodo provandoci. Per questo comincio con una domanda (come i buoni filosofi).
Dove nasce la poesia? Ci sarà un luogo dove le sottile alchimie dell'interiorità umana secernono il liquore della comprensione.
Ci sarà un tempo, forse lungo e dilatato fino all'annullamento nell'eterno, dove il liquore del vissuto viene ritirato affinché possa cominciare la necessaria fermentazione. E poi?
Se le cose stanno così, dove mettiamo l'immediatezza e la folgorazione? Come accogliamo i fantasmi improvvisi dell'ispirazione, i correlativi oggettivi, la scienza metrica, il trovare antico, la magia dei luoghi, delle situazioni, l'incontro con gli altri, quelli che hanno ancora voglia di mettersi in gioco parlando di sè stessi condividendo la selva delle emozioni?
Forse penso troppo! E' un mio difetto. Eppure...
Gregory Corso (foto da Wikipedia)
Ho terminato proprio questa mattina la lettura di un'antologia poetica di Gregory Corso. Le impressioni che il libro mi ha donato sono tante e contrastanti. I testi originali a fronte, malgrado la durezza dell'americano, mi hanno restituito il suono di quella musica così diversa dalla mia (quando la trovo). E' il primo poeta della beat generation che mi concedo per intero, dopo le classiche antologie e gli assaggi dei quali serbo ricordi contrastanti. Una sorpresa, certo, per chi ha letto solo Kerouac nell'età quando tanti lo hanno scoperto e sono partiti per il classico viaggio alla barbona mettendo a dura prova i pistoni della vespa.
Altri giorni. Tra i versi di Corso, m'è nata la domanda che apre questo scritto. La risposta? Per quella...la poesia, come la bellezza, sboccia sempre nei luoghi meno attesi e sempre senza preannuncio.
La poesia capita, sarebbe corretto affermare. Capita, certo, ma senza cadere nel gorgo della casualità. La poesia capita perché viene costantemente evocata ed ogni poeta o scrittore, possiede i suoi sistemi, impiega personali meccanismi, per mettere in moto la domanda che schiude a quella fame di vita che ogni essere umano sensibile ed attento invoca ogni volta che vive la libertà di farlo. La poesia è apertura alla vita, senza condizioni, ecco. La poesia è produrre (poiein) senso quando ti accorgi che l'inferno è l'impossibilità della ragione , il luogo della relazioni troncate, della chiusura nell'egoismo più gretto. La poesia è un tentativo che deve essere per forza onesto. Allora...

Non posso negare di non avere vissuto la letteratura, nella mia adolescenza! Oggi?

Oggi la saggezza raccolta aiuta a far si che le passioni vengano lasciate decantare, prima di venire centellinate nel gioco poetico/narrativo.

giovedì 14 luglio 2011

Di mattina presto

Campanile (Malesco valle Vigezzo)

Cosa strana: mi piace indugiare in casa, la mattina. Amo la penombra che le persiane accostate diffondono così come il rimanermene seduto a leggere. E’ la nicchia della mia tranquillità, quella che si viene a creare. L’antro per le sane elucubrazioni e gli alchemici esperimenti. La torre d’avorio, direbbe qualcuno.
Sono settimane che noto questo fatto insolito, e più lo osservo astenendomi da ogni possibile forma di giudizio, maggiormente mi crogiolo nella sensazione che il mio rifugio domestico mi permette di godere.
Mi alzo sempre presto, certo, ma questo non significa nulla nei confronti di quanto sopra ho scritto. Ascolto le campane battere le ore, mi bevo il tepore del letto lasciandomi sprofondare nei pensieri, con parsimonia, comunque. Poi, emergendo dall’apnea dell’immaginazione che galoppa… il cane! Il cane da regolare nei suoi bisogni per evitare spiacevoli deiezioni sul tappeto del soggiorno o in qualche remoto anfratto della casa. La preoccupazione di governare il cane mi riconduce nel mondo reale, nella dimensione degli impegni.
Lascio il letto, allora, con fatica. Qualche veloce operazione. Il caffè forte e ristretto mentre schiudo le persiane della cucina e perdo lo sguardo nelle prospettiva dei tetti che apre sul campanile della Chiesa. L’Ave Maria ha già rintoccato per le montagne il suo richiamo ed io sono pronto alla passeggiata con Artù il quale, da parte sua, ha già esternato le sue necessità con salti e mugolii di ogni genere.
Si, lascio con rammarico il silenzio e la pace. Abbasso il ponte verso il mondo richiamando le difese. Lascio il ritiro, ma è presto e dovrei incontrare poche persone. Sto’ invecchiando, e sopporto sempre meno la confusione.
Il fresco del mattino punge intanto che mi concedo la camminata per le strette vie del centro. Le conosco, ormai, le pietre del selciato, certo, anche se la teoria di case e palazzotti riserva sempre nuove scoperte. Ho detto che non voglio incontrare altre persone? E’ vero, anche se qui si è soliti salutarsi anche tra sconosciuti.
Il centro di Malesco è antico, memoria di anni quando l’emigrazione vigezzina batteva le strade d’Europa e poi, si respira profumo di Svizzera. Le pietre delle costruzioni testimoniano la fortuna di molti affiancata alla modestia decorosa di altri, rimasti ad arrancare per i sentieri di questi monti, tra pascoli e alpeggi. La malora è sempre stata dura da contrastare e chi discende da una cultura contadina, conosce a fondo questa crudele verità.
Artù tira, nasando ovunque. Se non fosse per la sua taglia ridotta, potrebbe competere come leader per una muta di cani da slitta. Lo strattono, lui ricambia.
Che bello! Solo lo scalpicciare dei mie passi. Fragranza di muschio e legna bruciata. Finestre socchiuse su mondi domestici. Qualche auto, in lontananza, che scende dalla strada di Finero rotolando con le gomme sul porfido della carreggiata. La fretta di raggiungere il lavoro sembra emergere dal ronzio del motore, da come la curva che immette sulla piazza viene infilata, dalle sfollate.
Raggiungo la Chiesa lasciando scorrere le suggestioni. Il cancelletto del cimitero, sempre socchiuso, stimola i miei pensieri: nulla termina, visto quel pertugio di speranza. Data la via di fuga: l’eterna evasione dalla condanna del mondo. Mi sono sempre piaciute le chiese di montagna, soprattutto quelle piccole delle frazioni, spesso chiuse. Sbirciare dalle inferriate delle finestre mi ricorda le grate del Sacro Monte di Varallo Sesia, con i pertugi attraverso i quali infilare il viso per rimanere catturati dalla scena che la cappella racconta con statue ed affreschi. I luoghi di culto emanano sempre un’attrazione particolare indipendentemente  dalla devozione che hanno suscitato. Un richiamo verso l’alto, il cielo azzurro che scolora con il lento levarsi del sole. Si, devo ammettere di stare bene lontano dalla pianura.
La nostalgia corre all’asilo di casa. Ai libri in attesa sul tavolo. Alle parole che vorrei scrivere e che se non fermo sfuggono dileguandosi. Ho da scrivere tanto, soppesando le idee che da tempo tengo chiuse nell’archivio della memoria. Ho ancora parecchi versi da decifrare come tanti altri da riscrivere quando non strappare.
Il rientro è sempre piacevole. Prima c’è il sentore delle scale di legno con i tonfi sugli scalini che rimbombano. Poi la porta da aprire sull’universo intimo dell’abitazione.
Mia moglie dorme ancora, così Giulia. L’aria è tiepida e sa’ ancora di notte e sonno. Penso a Carlo che è voluto tornare a Galliate: gli adolescenti vivono inquietudini d’ogni genere e trovare pace non riesce semplice, anzi…proprio ieri, mentre lo accompagnavo a casa, dai suoi occhi traspariva il dispiacere di aver lasciato la montagna. Ho tentato di invogliarlo a fare rientro con me, nel pomeriggio: nulla. Nonostante la bontà del clima, ha preferito l’afa della nostra cittadina e la vita comoda che il sentirsi libero ed indipendente nutre di umane aspettative. La casa vuota dei genitori rimane sempre un territorio di conquista ed appropriazione  per i figli bramosi di autonomia. Non mi posso lamentare del fatto che pure lui soffre del mio stesso male: la disillusione nei confronti del genere umano.

martedì 12 luglio 2011

Vecchi versi...

Ho ripreso alcuni vecchi versi. Non ricordo quando li scrissi. Se ne stavano raccolti in una cartelletta appilata tra le tante che mi porto appresso quando mi trasferisco in montagna. Li ho letti e riletti fino a quando sono riuscito a trovare il filo dell'ispirazione (così si dice) per lasciar nascere la poesia. La tenacia, nella ricerca dell'attimo, sembra pagare sempre.



Nebbia sottile, canto annullato
dall’inciampo del cuore nell’intervallo
di travolgenti prepotenti amori.
Nella quiete della sera s’adombrano
Gli accaniti affanni che hanno marcato
La battaglia. “M’hanno abbattuto il cavallo!”
Grido nascosto tra quinte smantellate
Di orbite vuote imploranti sotto la minaccia
Della mia spada di latta acciaccata.

Il palinsesto della mia vita si srotola veloce
Mentre avverto l’ordito dell’esistenza
Che al tatto lascia districare esigua trama:
l’inadeguatezza invita sempre a recidere
ogni rimanente bontà dell’attimo.

Malgrado questa provvisorietà, posso contare
Su null’altro che le mie  incapaci mani,
Se nel tormento rubo la gioia dell’esserci
Inerpicandomi sull’albero della vita.

mercoledì 6 luglio 2011

Un pomeriggio

I Sassi del Gridone dall'alpe Blitz (Valle Vigezzo)

Un pomeriggio (luglio 2011)

Scorro le mie sciatte carte (fuori il cielo
si chiude di nuvole che velano il Gridone)
e stupisco ancora leggendo appunti ripresi
nella fretta. Il tiretto delle ricordanze,
reliquiario segreto di vita provata,
ormai eccede d’inutile minutaglia.

Scrivere, cosa serve  se non fermare quanto
l’inesorabile Letè della sussistenza annebbia.
Dolce appare l’abbandono così come il singhiozzo
della moltitudine ninnata dall’ignavia.

Scrivere cosa serve? Ancora?

Triste impegno quello di postillare
le umane passioni, i lapidari silenzi.
Eppure un mondo traspira dagli sdrucite pagine,
dalle sudate carte, frusto inventario
d’emozioni e sentimenti narrati,
archiviati come rinsecchiti licheni e friabili muschi.
Le chimiche del cuore sono scienza esatta
e poco computano affrettate rime. Meglio i ritmi
che pulsano impercettibili alle vuote parole
che si gonfiano d’ottuso tedio: ora,
l’essere sobri dona senso e misura all’esistere.

martedì 5 luglio 2011

La paura della cultura è paura della libertà di pensiero


Un'ennesima vergogna! Impedire ai cittadini di esprimere il proprio pensiero e di vivere la libertà della comunicazione è un'attentato alla democrazia. Un'azione da autentici criminali!
Nel mio comparire in rete ho sempre cercato la via dell'originalità e dell'indipendenza. Ci sono persone che hanno intrecciato autentici rapporti din scambio e non solo, attraverso l'utilizzo dei blog. Ora vogliono impedire anche questo e perchè? Perchè il conformismo di molti sta tappando la bocca ai tanti che ancora pensano, riflettono, comunicano: bloggano. Rammento quanto disse Mussolini ai danni di Antonio Gramsci: "Quel cervello deve smettere di pensare!".
Attenzione!

La notte della rete


Online video chat by Ustream

lunedì 4 luglio 2011

Un ricordo (ora di supplenza)

Esterno I.C. "Calvino" Galliate (foto dell'autore)
La foto, forse, non è poi così evocativa. Comunque mi ricorda la scuola, il luogo di lavoro e lotta. La scritta? Un grido di protesta quando qualcuno tentò di rinnegare il  25 aprile 1945 come ricorrenza degna di ogni onore e celebrazione. Oggi, quella scritta è stata malamente cancellata con qualche pennellata di colore: l'urlo rimane, malgrado tutto.
I versi che faccio seguire sono stati composti un giorno, durante un'ora di supplenza in una classe non mia: tempo durante il quale ti devi arrangiare nel tentativo di tenere buoni gli alunni, se il collega o la collega assenti non ti hanno lasciato qualche consegna da svolgere.
Rileggendola, m'accorgo di quanto ancora potrei lavorare sui versi, ma l'ho anticipato aprendo questa pagina e descrivendola come raccolta di "materiali poetici".

 (un'ora di supplenza)

Sepolto nel torpore dei ricordi
non so più far memoria del passato.
Un improvviso volo rompe l’uggia
nel grigiore trapunta: mia mattina,

sospesa nella siccità nascente
d’una stanca riarsa primavera,
accendi il sopito desiderio
per una salubre rotta dal mondo.

La noia stringe l’affamato cuore,
le rondini mulinando garriscono,
vibrano le fronde al lieve spiro.

L’incanto si schiude anche nell’ora.
I ragazzi osservo dalla cattedra:
più non sono io, più non sono loro.


venerdì 1 luglio 2011

Mattino


S’ingarbugliano nell’immoto indugio
fatti e parole: nell’attesa vuota
improvvise schioccano le vedette
del cuore: stemperano le balbuzie
nel fulgido baleno.

Punge il turchese nell’algido cielo
mentr’io rincorro diafani fantasmi
nel frizzante mattino. Il cantare
modulato permane sopra neumi
di diuturna assenza.


mercoledì 29 giugno 2011

martedì 28 giugno 2011

Attraverso il silenzio

Questi versi sono vecchi di anni. Li sento lontani dalla sensibilità dell'oggi al punto che stento riconoscerli come frutto del mio lavoro (scrivere è un lavoro a tutti gli effetti). 
Filo conduttore della mia passata ricerca poetica è stato il silenzio. Il silenzio come luogo privilegiato per l'incontro con se stessi. Il silenzio come condizione e presenza, non come inattività e/o passività. Nel silenzio, se ci concediamo all'osservazione, possiamo scorgere un mondo intero muoversi, un universo umano nel quale mettere le mani e lavorare, trafficare.
Adesso? Sono ancora alla ricerca del silenzio, anche se con l'esperinza degli anni alle spalle.


Vorrei raccogliere le briciole
del mio silenzio dalla scomposta
mensa delle cose vissute ove
del razionale ordine nulla persiste.

L’artifizio dei pensieri, terribile
macchina, scompone l’essere
in minuscoli frammenti macinati
nella poltiglia delle aspirazioni,

stemperati nei sentimenti, triti
con le umane falsità che fumigano
il divenire, antica atroce lotta
tra le menzogne del nostro progresso.


Primavera 1998.




domenica 26 giugno 2011

Aspettando la sera

notte



Aspettando la sera, grembo di memorie,
in quest’offeso mondo d’umani naufragi,
la mestizia ben s’accompagna alla follia
nullificante che alle care domestiche mura
strappa scaraventando nell’oscuro gorgo…
poco fa ancora vibravano le corde della poesia.






sabato 25 giugno 2011

Lungo il cammino

Il Monte Rosa dall'Alpe di Mera (Valsesia)

Oggi è stata dura incominciare la giornata. E' stato più difficile del solito, dato che il lavoro si è concluso con l'ultima riunione e tutto è stato rinviato al 1° settembre.
E' il senso d'inutilità a pesare. E' il non far niente godendosela, a spaventare, poiché per essere assaporato occorre mettere da parte l'identificazione: quella che ti guasta pure le meritate vacanze. Quella che ti attacca addosso la smania del branco che fagocita sempre il meglio di me.

L'inquietudine. Un senso di smarrimento. Ho letto poco, questa mattina. Ho scritto poco, se non questi pochi versi. Versi che mi sono riusciti.

Inquietudine dentro, come raggio
Che infrange l’indugiare dell’assenza,
come impiccio del sole nella bruma
sul mio umbratile mondo.
Ho abbandonato un sentiero alle spalle,
pochi ciottoli marcano nel folto.
Sussulta il sottosuolo dei pensieri
Sotto la spinta del fuoco: salendo,
altro non supplico che  il freddo
dei ghiacciai sospesi, laddove il passo è incerto.


giovedì 23 giugno 2011

Distacco


Con barbaro distacco osservo,
nel dopo operandole, le altrui pochezze
(in me rifratte di certo stonano)
e quale crudele chirurgo dei sentimenti
gustare vorrei l’umano passionale tripudio
senza troppo pagare delle debolezze lo scotto.



mercoledì 22 giugno 2011

Mottetto


Umano frantume, del tempo sguardo
l’impietoso declinare, infitto
all’esser nato per la morte: dunque
lugubre ossessiva litania
intono (inesorabile scacco
m’accomuna ai disprezzati).

Troppo gracile mi desto dal sonno
(lo stare al mondo pretende forza)
per resister alle lusinghe:
con pretenzioso commiato osservo
la rovina dell’universo
cercando di non lasciarmi esistere.

Per una biblioteca indispensabile

Devo ammettere che non tutti abbiamo avuto professori di lettere in grado di far amare i classici, anzi: nella maggioranza dei casi erano abili nel far odiare gran parte degli autori che propinavano, appiattendoli sotto la pressa della didattica più bieca e sciatta, politicizzandoli tentando di schierarli con il potere di turno oppure relegandoli in mondo circoscritti per assurdo campanilismo.

Sebastiano Vassalli (Immagine dal web)

Da parte mia sono stato fortunato ad incontrare come docente uno scrittore (meno quando correggeva i nostri temi). Premetto che, spesso, sapere cosa legge uno scrittore e come legge, equivale ad osservare un cuoco mentre mangia. Nonostante questo, che per molti evoca disprezzo, l'avere capito ed amato il novecento letterario ed europeo lo devo a lui.
Ricordo come oggi le sue memorabili lezioni su Baudelaire, Rimbaud, Verlaine. Le aperture sulla grande narrativa: come assaggio propose la lettura di Morte a Venezia. Poi Svevo, Tomasi di Lampedusa, Tozzi. Quando arrivammo a Montale...un immergersi totale nella poesia. 
Il nome dello scrittore: Sebastiano Vassalli.
Ricordi. Ricordi come quando andai a scovarlo nel suo rifugio a Pisnengo, pianura tra Novara e Vercelli, dove aveva acquistato una vecchia canonica. Mi accolse diffidente ed io, con timidezza, gli sottoposi alcuni miei scritti. Preistoria.

Questa lunga premessa per introdurre un libro, di Nicola Gardini, ed alcune citazioni tratte dalla sua introduzione.
Per una biblioteca indispensabile. 52 classici della letteratura italiana. 52 autori restituiti a se stessi, finalmente liberi dagli -ismi che li ingabbiano, alleggeriti dalla retorica nazionalistica che vuole impegno civile anche laddove si rincorre la passione della letteratura alta, espressa in poesia o in prosa.

Miravo, in sostanza, a comporre un saggio sulla mentalità italiana. Perciò, ho selezionato libri che hanno creato, sviluppato e rappresentato la sua lingua, la sua cultura, la sua immaginazione; libri in cui si può ancora essere utile guardare, anche fuori dalle aule scolastiche, e perfino, talvolta, doveroso, se si crede, come io credo, che nella letteratura ci sia qualcosa che aiuta a vivere meglio e che alla letteratura occorre tornare quando si vuole ritrovare il filo.


Per una biblioteca indispensabile poggia su un'altra convinzione, che poi sta dietro tutto il mio lavoro di scrittore: che esista una conoscenza letterari , non inferiore assiologicamente a quella scientifica (l'unica cui i governi destinino risorse finanziarie), e che tale conoscenza letteraria vada diffusa il più possibile e non semplicemente difesa in qualche luogo specialistico, come le facoltà di Lettere o di Lingue Moderne.


Anche i libri costituiscono una scienza: quella, appunto, dei sentimenti e dei comportamenti umani; quella dell'identità e della diversità. Attraverso i libri apprendiamo la varietà del mondo. Impariamo a capire gli altri e a giudicare noi stessi; la nostra esistenza si estende. I libri donano vita, tutta quella che non avremo mai il tempo di vivere, e rendono più chiara e ricca e gratificante quella che stiamo vivendo.
(Andera Gardini, Per una biblioteca indispensabile, Einaudi 2011)


Dietro un libro si cela e rivela un essere umano. Una persona che cerca di intrecciare una relazione modulandola su emozioni, sentimenti, passioni, sensazioni.
Proviamo questo itinerario.