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Deserto,
spoglio risuona
l’accenno.
Notte,
vulva profonda,
materno l’abbraccio.
Cielo,
antico latte,
sperma
salso,
florido il ventre
disteso.
Lo spirito,
senza tempo
l’atto.
Solitudine
d’abbracci,
carne.
Terra,
figli tratti
da pietre.
Stirpe
eletta,
maledetta
dal mondo.
Massacro
quotidiano.
Collo
alla scure,
macabro
ballo,
rituale d’amore,
solo voce:
e la Parola?
Nel principio
della fine.
Il nulla,
il nulla si distende
la neve nel profondo,
ghiaccio l'essere
aggrappato,
poi
il silenzio srotola
bianco
l'inatteso
io sento il sonno
vecchio
secoli di storia
le spalle curve
la volta
le stelle
il blu
che consuma
occhi
vista,
attesa
che riavventa:
cosa? Chi?
Notte nuda
di freddo
denti
che stridono
e qual masso…
Noi
non sappiamo
più stare!
La notte
ha sgravato
lugubri sogni,
l’aurora
ha segnato (ancora)
la luce che incalza,
a seguito l’alba
nel manto viola
di gelo,
l’immondo
sul mondo
triste singulto,
nel destino
del provvido
l’ancora amica.
Poi via nel giorno,
il daffare
col resto.