In
Atti 9, il cristianesimo viene definito dall’autore Via. Se il
messaggio di Gesù di Nazaret veniva e viene compreso come una via, è chiaro
come nell’intento originario i Suoi insegnamenti indicavano, ma indicano
ancora, i precisi ed irrinunciabili riferimenti per intraprendere un (il)
cammino.
Mi
chiedo: esistono anche altre vie? Da studioso delle religioni, e della loro
storia, per correttezza scientifica devo ammettere che ne esistono altre: la
via di Mosè, la via di Muhammad, la via del Buddha…dove conducono? Come
conducono? Sono domande lecite, in senso spirituale e esigono rispetto, anche
quando approcciate secondo la metodologia della Scienza delle Religioni (o
Scienze delle Religioni)
Sulla
base della mia personale esperienza, posso affermare che la via di Gesù è compiutamente
marcata anche se troppi segnavia sono stati cancellati dal tempo oltre che
dagli uomini stessi (vandalismo spirituale). E allora?
Occorre
fare come si usa in montagna quando i sentieri vengono ritracciati e si procede
alla loro pulitura. E’ una lavoraccio, una fatica, ma alla fine la via rimane
di nuovo leggibile e chiunque si troverà a percorrerla non correrà il rischio
di smarrirsi. Chi sono questo uomini e donne che, quasi sempre in maniera anonima
e senza pretendere ricompensa alcuna, animati da quella che veniva chiamata buona
volontà, si mettono al lavoro mossi dal solo desiderio di condividere una
passione e dunque un amore?
Mi
fermo un istante e lascio volutamente in sospeso la domanda. Pietro era stato
battezzato? Forse da Giovanni, come alcuni pensano sulla base di quanto viene
proclamato nel IV vangelo al capitolo 21, quando Gesù pone la triplice domanda
a Simone e la introduce con l’espressione Simone di Giovanni. Gli altri?
Giovanni Evangelista, Giacomo, Bartolomeo…Il battesimo sacramentale ha una sua
storia, è segnato da una prassi che si incarna nel vissuto e che si consolida
nell’esperienza della Chiesa. Nonostante queste verità fondanti e fondamentali,
mi domando se in senso evangelico il battesimo non acquisisca anche un
significato più ampio e questo seguendo sempre le parole di Gesù quando accenna
al suo battesimo, quello che riceve nel mistero di Passione, morte e
Risurrezione, all’immergersi battesimale nel ritmo cristico. Questi
nostri tempi ci stanno conducendo a riflettere su queste problematiche, ovvero
sul significato di un sacerdozio battesimale, dimensione e condizione
sperimentabile da chi si pone in cammino lungo la Via tracciata da Gesù, un
sacerdozio che si distingue, ma senza annullare o diminuire il sacerdozio
presbiterale, e il sacramento dell’ordine al quale indegnamente appartengo.
Ecco,
di quel gruppo di volontari volenterosi, quelli che vivono la vocazione di
ritracciare un sentiero, possono entrare a far parte persone con storie
differenti, ma che vivono la vocazione ad un sincero sacerdozio battesimale,
dimensione alla quale apparteniamo anche noi ordinati e che, forse, con un
minimo di umiltà, dovremmo tornare a scoprire vivendola nella sua quotidiana
semplicità.
In
questa scoperta si definisce la peculiarità di Gesù, ovvero nella dimensione di
un sacerdozio che non esclude nessuno, ma include, perché l’agire del rendere
sacro, dell’offerta, riguarda ogni momento della nostra vita ed ogni esperienza
che conduce alla scoperta dell’humanum. Chiunque, in senso battesimale,
può offrire doni materiali e spirituali, può sacrum facere, ed in questo
si radica la cosiddetta differenza cristiana. Senza questa riscoperta il
rischio è quello di rimanere fermi alla definizione dei ruoli, al ritualismo, a
forme ingessate di tradizionalismo, a dogmatismi che complicano l’esercizio
della misericordia, a concezioni gerarchiche e gerarchizzanti, aspetti
funzionali che gravano ormai nel passato di un’esperienza anche perché il
rispetto della tradizione non può rimanere identificato con questi particolari
aspetti. Chi si mette al lavoro con questo spirito, si pone nella condizione di
fare comunità e comunione, di condividere, di offrire senza se e senza ma, come
si dice.
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