sabato 13 giugno 2020

Pesi e misure (meditazione)



"Stenderò su Gerusalemme la cordicella di Samaria e il piombino della casa di Acab; asciugherò Gerusalemme come si asciuga un piatto, che si asciuga e si rovescia." 
(2Re 21, 13)


Il Signore mi misura, non me ne rendo conto. Nel profondo del cuore so che lo fa per il mio bene, perché mi ama nonostante il mio essere indegno della vocazione che ho ricevuto, dei doni che mi ha posto dinanzi, delle fortune che non riesco a vedere. Lui insiste, perché è Dio, perché ha insistito fino a salire sulla Croce.

Gli strumenti sono precisi, così come i numeri che rivelano. Il Signore li annota, lo so, anche se non si sofferma sulle cifre come un rubricista qualsiasi: il suo abaco non lo conosco, i suoi algoritmi sono scienza sconosciuta. Per la logica umana, quella del conto che deve sempre tornare, quella degli interessi che devono essere pagati, la Sua gestione risulta fallimentare. Ma non sta a me giudicare, anche se la tentazione di farlo è forte. Senza un minimo di attenzione su questa mia caratteristica, sarei pronto a giudicare lo stesso operato di Dio. Sono spesso nella condizione che vive il profeta Giona a Ninive. Fare il moralista è una parte che si addice molto alla mia supponenza. Gli errori degli altri li soppeso con acribia da orafo. Per il prossimo la mia bilancia è tarata alla perfezione, così mi dimentico della cordicella di Samaria e del piombino della casa di Acab dall’indagine dai quali non mi posso sottrarre.

Mi prende come un piatto, ma non mi considera tale. Per Lui non sono un semplice oggetto. Mi afferra, mi asciuga dai peccati con i quali mi riempio fino a farli traboccare dall’orlo. Poi mi rovescia affinché tutto il male coli scivolando via dai bordi. Solo quando sarò asciutto mi appoggerà girandomi nuovamente e allora mi troverò nella condizione di accogliere l’acqua viva che zampilla per la Vita. 



martedì 9 giugno 2020

La grande opera (meditazione)

'Non peccare è veramente una grande opera. Se hai peccato, non dispetarti, ma piangi sui tuoi peccati affinché ottenga tu di nuovo la benedizione celeste'
Sulla preghiera, di Efrem il Siro


Perché oggi ci si trova inibiti quando si parla di peccato? Questa difficoltà diffusa non può essere dovuta alle abitudini distorte che caratterizzano l'habitus credendi di troppi fedeli? 
Efrem il Siro, attraverso le poche parole citate, esorta a pregare per sentirsi accolti nel grembo infinito della Misericordia. Per arrivare a questo invito, parte da una ferma constatazione, un'osservazione oggettiva perché vissuta in prima persona lungo il suo cammino ascetico: non peccare richiede uno sforzo enorme. Non è casuale la definizione di questo sforzo con le parole una grande opera. L'essere perfetti non indica l'immacolatezza, che Maria ottenne per grazia fin dalla nascita, ma procedere sempre più cosciente di quello che è la mia natura umana, la mia origine. 
Aristotele insegna che per dominare la natura occorre prima conoscerla. Secondo una prospettiva filosofica un'affermazione come questa risponde ad una logica ben definita. Ma nell'ottica cristiana? È cristiana l'idea di dominare? Conoscere si, e nell'universo biblico questo verbo assume sfaccettature profonde che si inabissano fino nell'intimo dell'amore tra uomo e donna riconoscendo alla sessualità una dimensione di mistero inaccessibile alla ragione, ma non al cuore. Lo sposo cristiano non domina sulla sua sposa, ma tenta di conoscerla, e di lasciarsi conoscere, lungo il cammino della vita matrimoniale. Il rispetto germina dal reciproco ascolto. Tutto questo, anche divagando, rimane una grande opera. 
E se dovessi inciampare? Scoprirei nel pianto la contrizione necessaria per permettere alla comprensione dell'errore commesso di sedimentare nella coscienza (cum-scire, conoscere con forza, conoscere con sforzo). Questo  perché? Affinché ottenga tu, di nuovo la benedizione celeste. Tutto ruota attorno al tu. La benedizione deve essere un forte e determinato desiderio personale, di un tu, per l'appunto. Non di un altro. Tu, cioè io, come individuo che, nutrito dalla Misericordia, chiedo quanto mi manca facendomi sentire in perenne difetto.
Senza l'ausilio della Misericordia (e so di essere ripetitivo), il dono che il Padre ha consegnato all'uomo in grazia dell'Incarnazione del Figlio che ha assunto la natura umana, ogni possibile opera rimarrebbe un pio desiderio.

Grazie Efrem il Siro, diacono e dottore della Chiesa.