martedì 28 gennaio 2020

In cammino


Attorno è un mondo di suoni che rompono
Il ciarliero mutismo delle genti.
Straniero vado salendo sentieri
di disperata speranza poggiando
passi  malfermi su paludi insane.

sabato 25 gennaio 2020

Memoria e verità




La storia non si dovrebbe ripetere, Ma è inutile dirlo quando l’ignoranza sta riportando alla luce spettri inquietanti. La deriva del nazionalismo religioso è un morbo virulento e atroce perché si forma con l’ibridarsi di due ceppi: la ricadute verso modelli di autoritarismo becero e populista; la dilagante ignoranza del Vangelo, della Parola di Dio in genere (ignoranza biblica) e, di conseguenza una conseguente disarmante ignoranza di Cristo.
Fare storia vuol dire rendere memoria della verità. Ogni possibile cammino di riconciliazione, da non intendersi sempre come confusione e sincretismo, deve essere progettato e costruito sulla riscoperta consapevole delle proprie origini, dunque di quello che si è, armonizzata sulla condivisione della verità qualunque essa sia, attraverso la consapevolezza del dialogo.
Senza una coraggiosa ricerca della Verità, ed una sua percezione come esperienza strutturata e strutturante, la malattia dell’ideologismo rimane sempre in agguato. Ecco perché sarebbe opportuno principiare dal mondo cristiano cattolico, viste le responsabilità storiche accumulate (e per alcune delle quali è stato chiesto scusa), riscoprire un ordo veritatis modellato sul fondamento di un ordo amoris. Non devo dimenticare mai che solo amore e verità conducono a Cristo e alla fede nel possibile.

venerdì 24 gennaio 2020

Offerta


Parole di furore, prole astrusa,
l’orgia confusa sentimenti storce,
la mano stanca rattrappita scrive
perché altro non mi riesce ora che fuori
tutto rinsecca sotto il freddo gelo.
Così, intessando versi, lego assieme
gli scampoli del vero che riesco ad essere.

giovedì 23 gennaio 2020

L'uomo della novità

Cristo deriso - Rouault

Non uomo nuovo, ma uomo della novità. L’uomo nuovo è Cristo, posso io essere Cristo e/o sostituirlo? Forse sarebbe più opportuno chiedermi se può essere un uomo come Cristo? Se aggiungo come esprimo una tensione, questo significa che sono sempre in cammino nel tentativo di esserlo, ma non di sostituirlo. Per questo posso affermare con una certa tranquillità che sono una persona in costante ricerca e che già la costanza stessa della ricerca sostiene la possibilità di divenire come Cristo. Del resto, san Francesco d’Assisi è definito correttamente come alter Christus, l’altro Cristo, ovvero colui che riconosce Cristo come Altro nella scoperta di una costante novità. Letto impiegando questa prospettiva, dunque cristianamente ragionando, riuscire ad incontrare Cristo come il mio Prossimo.
Nell’altro mi posso specchiare, posso vivere la spinta ad imitarlo, ma sempre senza mai creare confusione e cadere nella sostituzione. Incontrare Cristo come prossimo approfondisce ulteriormente la relazione e le conseguenze che da questa potrebbero nascere. Prossimo, proximus, propissimuns. Il vicinissimo, colui che mi sta accanto o Colui a cui sto accanto. Non lo potrò mai sostituire, ma camminare con lui e in Lui si, come lasciare che lui cammini con e in me. L’altro indica la differenza, la prossimità la vicinanza, l’intimità relazionale. Genere prossimo e differenza specifica, selèm e demut. Immagine e somiglianza per riscoprire la novità della Creazione e in questa la condizione della creaturalità. Dentro queste coordinate spirituali, il timore di Dio assume la valenza teologica che gli compete. Quindi, camminare come alter Christus significa procedere secondo (non in senso ordinale) Cristo e come da Lui testimoniato.

Per fare sì che la novità rivelata dall’Uomo nuovo possa attecchire, occorre liberare l’orizzonte dalla folla di tutti coloro che credendosi come Gesù nel Tempio pretendono che sia sufficiente guardare a loro perché non è più necessario guardare a Cristo. La bontà della testimonianza rimane appesa all’onestà del testimone che proclama Cristo in totale libertà e nella luce della novità evangelica. Certo è che una condizione del genere è problematica e davanti a questo mondo è una grazia la problematicità del Vangelo.

Senza la novità rimaniamo dei poveri cristi.

Non si può giocare ad essere cristiani (Kierkegaard)

mercoledì 22 gennaio 2020

...io copro i tuoi occhi di foglie...




Ferdinando Tartaglia (1916-1988)
Coprire gli occhi di foglie…Che bell’immagine! Quali sensazioni. Il verso, così come composto da Ferdinando Tartaglia risuona: io copro i tuoi occhi di foglie. Un novenario che da solo reggerebbe un’interpretazione ermetica, anche se non lo permette. Mi ha toccato e devo ammettere che sono pochi i versi degli altri poeti che mi toccano e che, dopo un’esperienza strutturata, li posso definire con una consumata definizione, dei bei versi. Non mi piace usare queste espressioni, lo ammetto, ma la lettura dell’antologia Esercizi di Verbo mi ha fatto scoprire un’autentica selva di componimenti di pregevole fattura e raffinata ricercatezza. Premetto che si tratta di una lettura alquanto particolare, forse unica nel suo genere, dato che è stata distillata da una produzione manoscritta sterminata e mai mostrata a nessuno. Infatti, il lascito letterario di Tartaglia ammonta a migliaia di fogli manoscritti sui quali l’autore tornava periodicamente a lavorare esercitandosi, per l’appunto, nella ricerca poetica così come nella riflessione. 

Quello che posso affermare è che la lettura di questi esercizi poetici mi ha posto di fronte ad un impegno straordinario, un’ascesi messa in atto per meglio lottare prima martellando le parole dentro una lingua ribollente e performante, dopo gridando al mondo l’urgenza della novità.

Una figura interessante e provocatoria quella di Ferdinando Tartaglia. La figura di un uomo dalle fede rocciosa, sommersa e d’intelletto arguto, machiavellico che, malgrado la tormentata e tormentosa vicenda personale e spirituale vissuta rimase sempre e ostinatamente cristiano e cattolico. Come ogni cristiano cattolico di razza sperimentò il fascino perverso e abissale esercitato dal peccato. Bramò come un assetato l'acqua ristoratrice del perdono. Visse la vertigine della salvezza comprendendola quando messo di fronte alla dannazione della visio mortis e alla tragica possibilità di questa.

lunedì 20 gennaio 2020

Diacono Massimo Caccia " Tre canti per Maldoror " Voce: Sergio Carlacch...

Il Tuo silenzio...

Sacro Monte di Varallo Sesia (immagine dal web)




Il Tuo silenzio risuona difficile
mentre m’insegni a metterci le mani
nel mondo dove Sei voluto nascere.
Cosa appare di nuovo sotto il sole?
La polvere s’attacca sempre ai piedi,
le tombe vengono ancora imbiancate,
sovrane regnano ingiustizia e morte
nelle profonde lunghissime altezze.
L’amore segue un suo ordine, sale
come incenso che fumiga: io tremo,
balbetto, celebro quale custode,
inciampo in parole trafugate
sussurrando segreti.
                                 Dov’è il fuoco
del Vangelo? Sepolto sotto cumuli
d’ipocrisia, zittito e insudiciato.
Solo tacendo posso consegnarmi
al Mistero che avvolge queste tenebre.

sabato 18 gennaio 2020

Oropa

Non ricordo con precisione, ma l'ultima volta che sono salito al Santuario di Oropa risale a oltre quindici anni fa. Rammento che era estate, di sabato e in occasione di uno dei ritiri mensili della comunità diaconale della Diocesi di Novara. I cortili erano affollati come la Chiesa Vecchia. Il sole era alto. Una luce intensa avvolgeva l'intero complesso e le montagne attorno. Poi i canti durante la messa, l'incontro con il rettore. Il pranzo. Certo, perché si prega assieme, in queste occasioni, ma si condivide anche la tavola nel tentativo di fare umanità anche quando è difficile il solo provarci. Questi sono i ricordi, tra i quali riemergono le parole dette e pregate, i confronti e le aspettative davanti all'incognita del ministero.
Oggi è stato diverso. Diverso sotto ogni aspetto. La luce, ancora, la neve, il freddo pungente, la bellezza delle architetture (che ho gustato nella loro grandiosa bellezza e armonia rammentando quanto la tradizione racconta in merito a piante e misure che richiamerebbero il Tempio di Gerusalemme), le associazioni fluttuanti della mente. Camminando ho ricordato a mia moglie 'Alpi e santuari' di Samuel Butler, le lenzuola stese ad asciugare sul prato, il lavoro delle donne che accudivano i pellegrini in visita al santuario e ho immaginato. Immaginato tanto sperando di portare a casa qualcosa di più sottile assieme alla voglia di raccontarlo. Cercavo da giorni una simile occasione e senza troppe volute retoriche, con un minimo di fatica esistenziale, l'incanto s'è mirabilmente proposto nel silenzio interiore della pace.

Ora, mentre scrivo, avverto ancora la sensazione buona che ci ha accompagnati in questa visita. Sono i particolari a riemergere sempre differenti, ma è su questi che si contrappunta la fuga delle sensazioni, e un santuario mariano, se visitato e scoperto con la giusta disponibilità, schiude al cuore le profondità del trascendente. Come per miracolo si viene a creare una condizione oggettiva ed è quanto basta per far sì che la vita ritrovi un peculiare equilibrio.


Le montagne evocano la verticalità, l'anelito al cielo. I volumi degli edifici la materia colta nel divenire. Il respiro che cattura l'aria leggera dell'altitudine segna il ritmo del cammino che sale. Prima sono le grandi scalinate, La porta scenografica di Juvarra. I giochi dei vuoti e dei pieni indirizzano lo sguardo che tenta sempre di andare oltre i confini disegnati dalle prospettive. Poi è il momento dell'emozione, quella che scuote anche se lieve nel suo pulsare.Affacciarsi al sacello della Madonna Nera ha un suo sapore. 


Ricordo la Santa Casa di Loreto, un breve pellegrinaggio compiuto un pomeriggio d'estate quando assieme a Marco ho lasciato le distrazioni delle spiagge di Porto Recanati per una parentesi di preghiera. Forse tutto ha preso forma durante quei momenti. Potrebbe. In fondo, la vocazione è un addentrarsi nel mistero per  tentare di ascoltare un richiamo che rimane modulato su frequenze lontane dagli affanni della quotidianità. Solo oggi, dopo che lui se ne è andato distaccandosi definitivamente da queste mondo di sofferenza (non a caso la Parola di Dio definisce il nostro pianeta una 'valle di lacrime'), sento quanto l'impegno di pregare io per lui e lui per me ogni sacrosanto giorno, altro non abbia fatto che rinsaldare un legame spirituale che cresce sempre più forte. La comunione dei santi è una possibilità autentica, non una mera illusione. La sua verità si misura con l'umiltà di accogliere su di  le proprie miserie umane, i limiti, le incapacità e tutte le inadeguatezze. E' il timore di Dio che prende forma donando quella libertà che solo il dolore cosciente permette di guadagnare. Pregherò ogni giorno per lui, fino alla fine del mio tempo perché so che lui sta pregando per me, per sempre.

Un cappuccio. Un the. Qualche vezzo. Dopo il freddo e la contemplazione, un minimo di calore. Per me e per Giovanna è un attimo di equilibrio, quello che ci siamo concessi. Breve, d'accordo, ma le misure umane del tempo non contano nell'economia dell'Eterno.

Amen dico tibi: hodie mecum eris in paradiso.




uesta cittàè




mercoledì 15 gennaio 2020

Tre canti per Maldoror



Magritte - Maldoror

I

I canti del dolore sono scogli
nella tempesta, ma io non sono uno scoglio,
è sostanza di carne la mia roccia,
per questo soffro colpe che non confesso.
Imploro l’Assoluto esploso, deploro
il vivere smodato e piatto, bieco
tributo pesato con libbre di carne
e mai coniato su insulso metallo.
Maldoror, la tua morte chiama il vino
forte dell’abbandono e nell’esequie,
scellerati intoniamo oscuri salmi,
rigurgiti d’amore e quieta fine,
ma ancora i giovani non si ribellano.


II

Il vento strappa fogli di ricordi
da questo giorno che consuma freddo.
La solitudine pesa nell’aria
mentre aspetto che la Grazia ritorni
in voci aggrovigliate per l’attesa.
Se guardo oltre le palpebre chiuse,
già tutto sembra inutilmente morto
in questa condizione disperata:
lo dico per far si che non ti fermi
sul momento imbevuto di veleno.


III

I cieli sono sbarrati da tempo
e non so quanti evi sono trascorsi
sotto un manto di nuvole assassine.
Passare sembra essere normale sorte,
come rassegnazione insegna quando
la lucidità salda del pensiero
da mare cristallino s’è ormai fatta
torpida come le acque dello Stige.


domenica 12 gennaio 2020

Sulle righe storte...

Immagine scaricata dal web

            Sono stanco di condurre questa vita. Delle notti insonni. Dei pensieri difficili. Vorrei scollarmeli di dosso come si fa con la fodera unta e vecchia di un libro…

            Che illuso! Posso cambiare la carta o il cellophane, o l’acetato che foderano un libro. Pulire con la gomma pane le ditate nere, la polvere rappresa, le macchie di muffa…Tutto questo lavoro senza andare a toccare il testo scritto, il contenuto, che magari ho pure sottolineato con accorta ostinazione evidenziando, soprattutto, i passaggi inutili e verbosi.

            Sono condannato? Insomma: l’unico destino che mi attende è la poltiglia glutinosa del macero? L’incubo della cartiera onnivora?

            Ognuno ha il personale fonditore di bottoni che lo insegue, non lo devo dimenticare! Una fuga senza fine non conduce da nessuna parte, nemmeno quella più avventurosa ed appagante che si possa arditamente immaginare.

            Chi vuole cambiare non si ferma davanti alla stanchezza…Pagando, comincia a rimboccarsi le maniche e…

            Forse c’è ancora Qualcuno in grado di scrivere diritto sulle righe storte! Ma mi devo fidare.

sabato 11 gennaio 2020

Fu sera e fu mattina...


Fu sera e fu mattina, si può leggere
Nel mito antico e nel tempo scandito,
nel solco d’un giorno qualunque speso.
Che cosa sono adesso qui, spalmato
Nell’attesa che transiti il banale,
che sfoghi il temporale nell’elettrico
tripudio quando il tempo degli abbracci
smorza l’ansia dell’essere all’altezza?
Questo cielo strangolato dai pappi,
manna pagana, pegno delle Erinni
m’invita all’adunanza dell’occaso.
Fermo, m’impongo! Sono ancora poche
le rondini che venerano guglie
e campanili: devo fare memoria
di come sanno trovare l’indizio
per non smarrire la strada di casa.

mercoledì 8 gennaio 2020

Davanti...


Davanti i monti, la fredda bellezza
di gennaio e la neve alta e lontana.
Una campagna pallida di nebbia
attorno inghiotte ogni dimensione.
La sospensione di questa poesia
affogata nel pianto stona
con la mia nullità d’uomo.
                                                 Ora sento
il silenzio di Dio. Lo rintraccio
disperso sotto il peso della sera,
nascosto dal manto dell’imbrunire.
Cosa centro con tutto questo?
La vita ancora m’ingarbuglia dentro
geometrie ghiacciate, esperimenti
d’ingegneria sociale, rigorose
mappe sinottiche, anche se l’Eterno
dilegua liquido nel divenire.

martedì 7 gennaio 2020

Essere...


Essere come appeso all’impossibile,
già il titano con urli s’alza fosco
come JHWH che cavalca le nubi
e con la mano possente sbaraglia
dei filistei le torme innumerevoli.
Il rombo sordo del silenzio stende
un ronzio di parole piatte sotto
truffate stelle: quale il segreto?
Nero d’asfalto, lamiere e carcasse
e questa terra desolata e stanca.

lunedì 6 gennaio 2020

Silenzio ancora...


Silenzio ancora. Il vento tra le fronde
e marzo scuote le gracili frasche
mentre indugia tra pigre gemme il caldo,
nel nulla gonfio di cagliati umori
s’incarna la crisalide dell’anima:
sebbene l’alitare dello Spirito
le ali esigono l’offerta antica.

mercoledì 1 gennaio 2020

Nuptiae Mysticae 1


Sogno una fuga di stanze bianche
una casa come quella che vivo,
anche se le stanze non sono bianche,
ma sono un disordinato racconto di vita.

Ci sono oggetti che amo come i libri,
una poltrona lurida e sfondata, qualche
ammennicolo strano come un coniglio
di resina con le orecchie tranciate.

Non è molto, lo so, e di ciarpame è colma
l’esistenza che conduco perché il bianco col suo bagliore
mi spaventa più del nero, per questo
vedo la morte come una pesante mano di biacca.