Sacro Monte di Varallo, Cappella 7, Adorazione dei pastori |
Santo Natale 2019
Luca 2
Maria
e il Bambino
L’immagine offerta dal
Vangelo riconduce nel silenzio della Natività attraverso il fulcro proposto dai
primi capitoli di Luca, dove sono disseminati sapientemente indizi
fondamentali.
Maria vive una
conoscenza tattile di Gesù. Non è
immediata come rivelazione anche se rimane quella più naturale e dunque
diretta. Questo tipo di conoscenza esprime un contatto umano profondo, rinvia
ad una originarietà che accomuna
tutti gli uomini riaccompagnandoli nel mistero della nascita, preceduto da
quello del concepimento. E’ l’incarnazione del Verbo, l’abbassamento che
sconcerta, che risuona come assurdo, ma non irragionevole e per questo
credibile.
Maria accarezza il
bambino, lo fascia, lo allatta, lo depone nella mangiatoia, questa è
l’esperienza tattile e solo nella carne
è possibile viverla. E’ la bellezza (il bello,
per richiamare uno dei tre trascendentali) che discende nel mondo fino a
nascondersi nell’utero di una donna e poi nella delicata ed esposta condizione
di un neonato. Tutti noi siamo passati attraverso questo mistero nonostante i
tentativi che la scienza compie nell’impresa di arrivare a padroneggiare anche
su quanto per natura sfugge perché determinato dall’origine che richiama ogni
creatura.
Nella natività di
Cristo si esplica l’esperienza disarmante della semplicità come viene espresso
dalla liturgia celeste celebrata dagli angeli che discende dal Cielo per
riempire di gioia la quotidianità ridonando quel senso estetico che illumina le
tenebre della materia.
Luca ci accompagna a
contemplare questa scena per ben tre volte (perfezione del numero) e impiegando
le stesse parole:
-
il fatto storico è prima narrato con fedeltà cronachistica, come accaduto 2000
anni fa
-
poi annunciato come segno che riempie di significato la storia
-
infine verificato dai pastori e annunciato senza troppi impedimenti
Assieme a Maria siamo
invitati a contemplare il Verbo e non solo, a toccarlo e solo dopo l’esperienza
diretta, ad annunciare accantonano ogni timore e paura.
I
pastori
Andiamo
e vediamo…questi verbi esprimono una dinamica precisa, quella
che armonizza l’udire, l’andare e il vedere.
Senza obbedienza non si
verifica l’annuncio. Non è un monito e nemmeno una massima, ma una verità
evangelica. Obbedire, ovvero, ascoltare davanti, (ob audire). Nel silenzio
della Natività ho davanti il mistero svelato, per questo lo posso sentire. Mi si rappresenta (ri-presenta,
in quella che è la ripetitività
liturgica).
I pastori si
incoraggiano a vicenda, si sostengono, come avviene nel camminare insieme lungo
il sentire della fede. E’ la dimensione sinodale della Chiesa, quella che viene
sempre meno, ma che rimane l’unica in grado di accompagnare (i pellegrini di
Emmaus…andavano insieme, e non a caso sono due e solo quando siedono a tavola, nel gesto dello spezzare il pane
riconoscono Cristo). Solo dentro una dimensione sinodale si scopre la
necessaria libertà della parresia.
L’invito è quello di
farsi pastori, come Maria stessa ha
fatto (ha udito l’annuncio dell’angelo, è andata da Elisabetta, ha visto quanto
compiuto in lei).
Come possiamo avere
paura di un Dio che si fa bambino? Come può non essere accolto?
Come possiamo avere
paura di un Dio Crocifisso? La questione è che mi/ci fermiamo sempre prima per
timore di rimanere troppo coinvolti.
La verità è che non si
può giocare ad essere cristiani! (Kierkegaard)
Una bella Omelia per un giorno speciale. Buon Natale, di cuore.
RispondiEliminasinforosa
Grazie e ricambio di cuore con i migliori Auguri in questa secondo giorno di Natale.
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