“…come
scroscio sull’erba del prato,
come
spruzzo sugli stesi di grano.” (Dt 32, 2)
Ecco che cos’è l’eterna Provvidenza. Dio è in questi
fenomeni, li muove nella benedizione di un divenire che non conosce
interruzione, una serie interminabile di inizi che invitano all’Inizio.
Immagino lo scroscio dell’acqua sul prato. Lo scroscio è
improvviso. Non lo posso prevedere. Non lo riesco a programmare. Capita.
Irrompe. E’ la voce di Dio che scuote Abramo dal sonno. E’ il miracolo del
risveglio. Per quanto mi possa sforzare di pianificare ogni avvenimento della
mia vita, lo scroscio dell’acqua, l’irruzione del Mistero, sfugge ad ogni tentativo
di controllo. Non capita semplicemente, ma avviene. Per questo sfugge alla
riduzione dentro i ristretti orizzonti del fatalismo e si trasforma nell’Evento.
Penso alle prime giornate calde, all’afa che sale nel
pomeriggio, quando l’aria comincia ad incollarsi sulla pelle del viso, sulle
braccia. Penso alla notte, alle nuvole che si addensano e si accumulano fino a
sciogliersi nella pioggia. Nello scroscio improvviso, quello che frantuma il
silenzio senza dirti da dove arriva. Discende e basta, come JHWH che cavalca le
nubi. Forse giunge da oriente, ma è una supposizione.
La frescura che esala dal suolo bagnato ha un suo profumo,
la terra umida una sua fragranza. Colui che impara a godere di questo, gusta la
gioia della presenza di Dio, la sua Shekinà,
negli attimi che segnano le occasioni disseminate nel quotidiano.
Il grano è alto, maturo, pronto per la mietitura che ancora
non avviene. Tutto viene rinviato ad un dopo, mentre ora, nell’istante si schiude
una sospensione nello scorrere del tempo.
Quanto è delicato uno spruzzo? Quanto deve essere allenato
un occhio umano per cogliere la simmetrica bellezza di una miriade di
goccioline aggrappate agli steli del grano? Lo spruzzo non viene asperso sulle spighe,
ma sugli steli. Sotto. In basso, dove i raggi del sole filtrano nella penombra,
dove le zolle ancora trattengono l’umidore della notte. Lo stelo sorregge la
spiga rigogliosa di chicchi, veicola dalle radici la linfa, nutre senza
trattenere se non quanto basta per irrorare le fibre che devono sorreggere il
peso del frutto.
Quali immagini sublimi. L’acqua è la Parola di Dio, la sua
Legge, la giustizia dell’Amore. Il grano, i chicchi maturi e dorati, i frutti
che godono della Luce del Sole che sorge. Io sono l’umile stelo che per
vocazione veicola la linfa preziosa che attingo attraverso le radici. Nulla mi
appartiene. Sono uno stelo, uno strumento. Eppure, quale gioia se comprendo che
il grano, il frutto della conversione, è per tutti, in abbondanza e senza
distinzioni.
Devo farmi stelo e riconoscermi tale se desidero godere
degli spruzzi rigeneranti. Stelo che conoscerà la falce, certo, ma spero consapevole
del servizio che avrò tentato di donare alla spiga gonfia di Vita.
Un post bellissimo per i meravigliosi spunti di riflessioni che offre.
RispondiEliminaQuesta frase la voglio far mia: " Devo farmi stelo e riconoscermi tale se desidero godere degli spruzzi rigeneranti. Stelo che conoscerà la falce, certo, ma spero consapevole del servizio che avrò tentato di donare alla spiga gonfia di Vita".
Grazie.
Buona domenica.
sinforosa
Grazie a te per la paziente lettura!
Eliminaconcordo con Sinforosa: splendida meditazione Massimo!!!
RispondiEliminaGrazie
Grazie per la paziente lettura!
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