sabato 30 maggio 2020

Come avvenne ai tempi di Noè...(Lc 17, 26-27)

Michelangelo - Diluvio Universale, Cappella Sistina, Roma

(Lc 17, 26-27) “Come avvenne ai giorni di Noè…”

Sono giorni strani. Tutto il periodo è strano e sfugge ad ogni minimo tentativo di comprensione. Forse non è questo lo sforzo che devo compiere. Capitano situazioni che non si devono capire in senso umano, momenti quando la ratio è posta sotto scacco da dinamiche che scivolano come sabbia tra le mani. C’è chi si adegua, chi si lascia trascinare dalla massa cercando nel conformismo il senso di una sicurezza che sa di impostura. Chi urla e recalcitra per le libertà negate. Chi sfida le istituzioni sperando in chissà quale personale momento di rivalsa nei confronti di ingiustizie subite. C’è posto per tutti, sotto il sole.

“…mangiavano e bevevano, prendevano moglie, prendevano marito…”

Non è più così. No. Oggi non si prendono più moglie e marito. Il matrimonio sacramentale è un sacrificio, un troppo impegnativo tentare di rendere sacra la vita condividendola in due nella libertà e nella solidarietà (originaria!). Spaventa la coppia unita, quella che costruisce sulla consapevolezza di una reciproca solitudine. Il calice è terribilmente amaro. Meglio un contratto da sciogliere. Più semplice. Meno compromettente.
Si mangia e si beve, sì. E tanto. Senza misura, ridendoci sopra, bagnando con l’ebbrezza l’inquietudine di stare al mondo. E’ preferibile mettersi comodi ad un tavolo per gozzovigliare piuttosto che abitare la scomodità del quotidiano.
Ripeto. Sono giorni strani. Nell’aria aleggia una presenza inafferrabile. Non si tratta del virus pandemico che ci ha assaliti e con preavviso, malgrado le nostre pretese prontezze. Qualcuno sta tirando dei fili. Altri preparano trame e orditi. Molti complottano alla luce del sole. E il vulgus profanum? Una movida dietro l’altra, una baldoria senza (apparente) fine. Bello intontirsi così. Bello ascoltare i cialtroni dell’informazione che ancora di più confondono acque già malsane e torpide. Torniamo allegramente a fare quello che facevamo prima. Ma la tragedia vissuta? Una parentesi da chiudere.

“…poi venne il Diluvio e…”

Non riesco a decifrare che cosa mi prende nel profondo. Scorgo dei segni che non chiedo di vedere. Il fatto mi inquieta. Perché non seguo la massa? Per vocazione?
Mangiamo e beviamo, dai! Lo fanno tutti, è la libertà dell'happy hours. Cosa aspetto a chiedere chi propone i cicchetti migliori?
Grazie. Vino e cibo sono piaceri da godere con cognizione di causa. Ora non posso. Anche se con il tumulto dentro il cuore, so che questi sono i giorni del Figlio dell’uomo. 
Mi tocca montare di guardia.


2 commenti:

  1. A una certa età tocca fare i padri e vedere gli errori dei figli. Ma se quei figli errano troppo è perchè nessun padre ( o madre) ha dialogato con loro, li ha riconosciuti nel loro essere profondo, li ha aiutati a diventare davvero se stessi. La movida è l'eccesso di superficialità, è la ricerca di quell'altro necessario perchè non si è trovato se stessi. Credo che non bisogna solo dare colpe, bisogna riconoscere che ciascuno fa del suo meglio, fa ciò che può. Il problema è sempre a monte. Poi qualcuno è più forte degli altri, riesce a non impazzire anche ha avuto due genitori matti, ma altri non riescono a trovarsi, non riescono a trovare un senso nelle loro vite e indirizzano la loro rabbia verso gli altri e verso il mondo. Non è facile, ma non bisogna cedere alla disperazione. Soprattutto oggi c'è bisogno di qualcuno che mantenga l'equilibrio e rimanga saldo nel proposito di amare gli altri COME ama se stesso.
    Grazie per aver condiviso le tue meditazioni. Ben ritrovato!

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  2. analisi lucida e profonda Massimo, condivido in pieno!!!

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