sabato 12 febbraio 2022

Meditazione sulle Beatitudini. Luca 6, 17. 20-26

Beati voi poveri…Che cosa conosco della povertà?

Quello che mi è stato detto oppure insegnato a proposito. Quello che sono riuscito a vedere con i miei occhi, ma sempre fuori, troppo lontano per farne esperienza e. chissà per quale arcano, rarissime volte, se non mai, dentro di me e nelle scelte di vita che ho fatto, nei gesti che ho compiuto. Questo è il nodo da sciogliere.

Se non trovo la forza di cominciare la mia conversione da qui, dalla prima Beatitudine, non posso comprendere e vivere questa straordinaria condizione di vita.

Cosa potrebbe succederebbe se provassi a dire ad un povero affamato e senza tetto che è beato di fronte a Dio? Come reagirebbe a questa mia vuota affermazione?

L’errore commesso, grave e fuorviante, è che abbiamo spostato da noi, da me, la questione della povertà, sul prossimo in nome di una carità che altro non produce se non un intontimento della coscienza, un sentirsi a posto con sé stessi. Il problema è farsi poveri. Scegliere questa condizione così come il Vangelo me la pone sotto gli occhi, raccontandomela. Solo chi si fa povero attua il Regno di Dio, lo rende visibile e può cogliere e sfamare chi ha dei bisogni. Per capire occorre rileggere il libro degli Atti per verificare quello che viene detto a proposito delle prime comunità cristiane, il modello al quale guardare: in quelle comunità non c’erano bisognosi perché il comandamento era la condivisione. Se condivido, non mi viene tolto nulla di cui ho bisogno anzi, mi viene dato, ma così operando, non mancherà nulla a nessuno dei fratelli e sorelle accolti nella loro indigenza. Quando lasceremo questo mondo porteremo via con noi solo quello che avremo dato.

Certo, la sfida è togliere i poveri dalla povertà. Questo vuol dire lottare per una società dove al primo posto viene messo in programma il benessere materiale e spirituale del prossimo.

Questa è la chiave di volta per entrare nella dimensione del Regno e fare delle Beatitudini il fondamento della mia/nostra vita di credenti e di ricercatori della fede.

Dovrebbe essere chiaro che chi ragiona, vive, prega, celebra e testimonia secondo questo stile rischia la discriminazione, insomma il rifiuto, e da qui le lacrime, quando non la persecuzione che ai nostri tempi si attua subdolamente in maniera educata, civile, composta, ma sempre letale. In questi giorni di barbarie questo non accade purtroppo solo fuori, ma anche dentro la Chiesa stessa quando ricadiamo nell’ideologia e ci rinserriamo dietro la falsa sicurezza di -ismi di ogni genere.

‘Quando io do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista’. (Elder Pessoa Càmara)

Il mondo deve cambiare, per sopravvivere a questa crisi planetari. È il Signore che lo chiede. Mi domanda di allinearmi e concentrarmi sull’essere, di portarmi a compimento senza cedere alla mentalità dominante. Di non illudermi che l’avere, il potere e il successo mi realizzino come essere umano. Scoprire l’humanum è fare della mia vita una questione di qualità e non di quantità. Questa ricerca di consapevolezza cristiana passa nel profondo della Parola che trasforma per la salvezza opponendomi alla mondanità (Papa Francesco).

Cosa dicono i benpensanti di tutto questo? I ricchi, i potenti, quelli che fanno del profitto lo scopo di un sistema economico iniquo o del conformismo cattolico un comodo paravento?

‘Nessun regime dovrebbe temere l’opposizione cristiana la quale è l’unico modo di collaborare per un cristiano, che non può né confondersi né approvare incondizionatamente. Il cristiano costruisce e demolisce allo stesso tempo’ (Primo Mazzolari)

Dopo tutte queste parole risuona l’oi, il lamento funebre che Gesù intona per chi rimane al di fuori delle Beatitudini e vuole rimanerne. È il guai, che non significa vendetta, ma la conseguenza del vivere sordi al richiamo della Vita e della propria cristificazione.

 

 

 

 

 

  

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