Ecco una sfida. Essere vagabondi del desiderio, come ha scritto Michel de Certeau. Espressione
suggestiva e stimolante, se mi rendo disponibile alla riflessione e non mi
soffermo sulle prime impressioni. I cristiani dovrebbero divenire vagabondi del
desiderio. Bello. Il vagabondare permette di vivere senza confini, di assaporare
la dimensione planetaria della vita, di sperimentare la libertà nello Spirito.
Il pericolo è che potrebbero risuonare come frasi fatte o slogan per vendere una
settimana full immersion utile allo
sviluppo del proprio potenziale umano. Il Vagabondo del desiderio per
eccellenza, nell’ispirazione di de Certeau, è Gesù di Nazaret. Il Vangelo non
ha nulla di commerciale, anche se talvolta lo riduciamo ad una proposta che
deve allettare. Non è questione di marketing, e l’ho già anche scritto. Non è
nemmeno una proposta, ma uno stile di vita, una chiamata all’impegno del
cammino con un riferimento inequivocabile: il Risorto.
Per meglio rendere lo spessore delle
affermazioni, rielaboro alcuni spunti tra da un articolo di Christian Bauer pubblicato
sul sito Leggere i segni dei tempi
curato da don Paolo Zambaldi. De
Certeau suggerisce come un vagabondo del desiderio può accompagnare gli altri
lungo un cammino di fede. Il vagabondo è mosso da Gesù, ispirato da Lui come guida
nella ricerca di una vita buona e positiva educandolo alla bellezza del Vangelo
come risorsa che promuove al Bene dell’esistenza in questo mondo. Questa
dovrebbe essere pensata come una vera e propria ricerca mistagogica rivolta all’esterno,
un cammino di scoperta vocazionale esigente, come esigente dovrà essere la Chiesa
dei prossimo anni e una teologia rinnovata nella serietà e nell’impegno.
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