Il Vangelo è fuoco. Infiamma e brucia senza consumare. Quando sale dal profondo scuote le membra ridestandole dal torpore dell’abitudine, È il tormento che vale la pena vivere. Il grigiore della quotidianità e le comodità dell’abitudine rimangono erose dalla forza di parole che scrivono nella carne la Verità della conversione. Mi domando perché ci ostiniamo nella pretesa di addomesticare il messaggio rivoluzionario di Gesù di Nazaret? Perché facciamo così fatica a riconoscerlo come il Cristo di Dio?
Il
Vangelo brucia. Il Vangelo espone al pericolo, ma meglio correre questo rischio
piuttosto che rinnegare e tradire la Parola scadendo nel disimpegno solo per
piacere del politicamente corretto e del ‘si è sempre fatto così’. Come il
fuoco brucerà il ceppo, non lo posso prevedere.
‘Nel corso di questo metter da parte il
Cristo pericoloso sorge un cristianesimo – e non lo dico come denuncia, ma con
un velo di dolore e perplessità – sorge un cristianesimo simile ad una
religione borghese della patria (Heimatreligion), libera dal pericolo, ma anche
dalla consolazione. Perché un cristianesimo innocuo e non minaccioso non
consola’ Johann Baptist Metz, Memoria
Passionis, pag 136.
Il problema è che il principio di questo
mettere da parte comincia sempre dentro la chiesa stessa quando cessa di essere
Chiesa di Cristo, dunque il suo Corpo. Una chiesa da televisione, da facciata,
nazional popolare, da strapaese, sempre pronta al compromesso pur di garantirsi
un potere, distratta dalla sete di redenzione, attenta alle povertà per convenienza
partitocratica, non annuncia più il fuoco del Vangelo. Solo un forte esercizio
della consapevolezza e una seria ricerca nella spiritualità può aiutare a
vivere le fiamme ardenti della predicazione e diffondere nell’etere ammorbato
della contemporaneità il sano contagio della Parola. Facciamo memoria della
Passione non con sentimentalismi nostalgici o retoriche esumazioni
tradizionaliste, ma lasciandoci possedere dal Signore della Vita, Colui che
rende nuove tutte le cose.
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