venerdì 6 maggio 2011

Cercando Forrester: un invito a vivere per scrivere (o il contrario?)

Cinema e scrittura. Due forme espressive che spesso non s'incontrano o che quando accade, tendono a sopprimersi l'una con l'altra. Che trasporre un romanzo sullo schermo sia impresa ardua ormai lo sappiamo e la storia del cinema offre esempi di ogni genere. Al di là di queste considerazioni critiche, rimane interessante soffermarsi su come e quanto un film possa riaccendere il fuoco della scrittura (e della lettura) in chi ancora confida nella certezza che arte e vita possano generare umana redenzione. Ho rivisto proprio ieri sera il film di Gus van Sant Cercando Forrester e me ne sono ri-innamorato. Non lo posso negare, ma laddove si accenna al gesto dello scrivere, trovo sempre la forza per riprendere quella che è stata ed è la mia prima vocazione: la scrittura.
Che bello! Un film dove si cerca di rappresentare la scrittura in un tutta la sua complessità e profonda umanità. Il gesto dello scrivere rimane inevitabilmente incarnato nella quotidianità così come, allo stesso tempo, rompe i limiti della consuetudine esistenziali per proiettarci in quella dimensione dello spirito umano dove il mistero della poiesis, per dirla con i greci, emana in tutta la sua disarmante totalità. Roba da rimanere folgorati! Poi, quando vita e scrittura s'intrecciano in una dinamica che spesso cede alla dialettica quando non all'opposizione fino a farsi contrario...insomma: ce ne è per soffermarsi giorni interi e lasciare che si faccia ogni volta notte.
Che Cercando Forrester sia un bel film è chiaro, anche se bello non rende, anzi, rischia quella stucchevolezza con la quale congediamo una qualsiasi esperienza visiva e non. Per meglio intenderci: questa è una pellicola da ascoltare, dopo essere stata vista, e non solo per il commento musicale (immediato e raffinato). Sono i dialoghi a lasciarmi sempre più incuriosito. Una storia che potrebbe risultare scontata (quanti romanzi, racconti, film ed altro, trattano del rapporto maestro-allievo?), si trasforma in un invito alla scoperta di un mondo che solo il narrare per narrare, riesce a giustificare ed a sorreggere.
Scrivere per scrivere. Un'affermazione che m'intriga ed ispira. Un concepire il gesto con quella libertà che permette di creare senza troppi ostacoli dando libero corso all'immaginazione. Scrivere per leggere...leggere per scrivere, vorrei passare il mio tempo così e trovare la giusta cattedra anche se quella che ho mi basta, quando scorre la passione.
Ma entriamo nella casa di Forrester. Un appartamento appollaiato all'ultimo piano di un anonimo edificio. Mattoni erosi dallo smog, infissi marci di pioggia, vetri perfetti. Un universo mondo che permette di lasciare fuori dalle finestre il tutto che inesorabile scorre.
Le case degli scrittori sono sempre una scoperta. Librerie stracolme. Oggetti d'ogni genere esposti con perizia museale, cumuli di paccottiglia...gli umani attaccamenti, quelli che dovrebbero esorcizzare le paure, quelli che dovremmo abbandonare. Ci starei in quella casa...a scrivere, a leggere, a sfogliare libri cotti come il pane. E' la mia casa! Quel disordine controllato che amo, dove tra appunti d'ogni genere si trovano le bollette pagate, le cartoline ricevute, gli appunti di una vita, le riviste spiegazzate ed i libri intosi, ancora incellofanati.
I quaderni di Jamal sono i miei, quelli che mio padre mi donava. Quaderni forniti dalla Cassa di Risparmio delle Province Lombarde ai suoi clienti. Li conservo ancora, da qualche parte, appilati e nascosti come preziose reliquie. Ero adolescente e svogliato studente al liceo quando vergai i miei primi incerti versi, quando trangugiai letteratura d'ogni genere ebbro di vivere e timido fino all'estremo, impaurito dal confronto con gli altri, il mio inferno.
Tra i libri di Jamal e di Forrester ho riconosciuto i miei. I russi, sterminati come il placido Don (Sholokov permettendo), i francesi incontrati attraverso Thais e Jean-Christophe...Zola...pochi italiani, comunque sceltissimi.
...ecco che mi ricapita! Sto scrivendo per scrivere e ne sono pienamente consapevole.
...è la paura di avere successo a far si che i sogni non s'avverino...

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