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“In
quel tempo Mosè scelse tre città oltre il Giordano, a oriente, perché servissero
di asilo all’omicida…” (Dt 42 e ss.)
Mosè
scelse tre città rifugio per gli assassini. Tre città oltre il Giordano, sempre
più a oriente, laddove il sole torna al mattino e la speranza indugia dopo
le angosce della notte.
Non
ho mai odiato nessuno fino alla morte, se ci penso bene. Ho odiato per fare del
male, immaginando chissà quale violenza per cazzottare un viso e renderlo una
maschera sfigurata. Pugni fino a spellarsi le nocche e mescolare il mio sangue
con quello dell’uomo che avrei voluto castigare rompendogli il grugno.
Qualche
faccia la ricordo. Uno che mi spinse dalle scale della tribuna allo stadio. Erano
gli anni delle scuole elementari e i giorni dei Giochi della Gioventù. Erano i
momenti per le imprese eroiche, quelle che avrebbero dovuto farmi cadere ai
piedi le ragazzine delle quali mi sono sempre invaghito. Poi vennero gli occhi
di mia moglie, ma questa è un’altra storia.
Quel
tizio aveva una faccia da stupido. Uno di un’altra quinta. Non so perché mi
spinse. Magari fu solo un caso. Forse incespicò sul cemento dei gradini
consunti, ma l’odio che mi accecò fu tale che lo avrei massacrato. Lui, con
quella faccia irritante. Il ghigno sardonico e gli occhi da ebete. Un volto che
mi ha perseguitato spesso, nei sogni e negli incubi.
Un
altro fu un certo Panizza. Uno che sotto la naja cercò di farmi subire il più
bieco nonnismo. Lo avrei bastonato volentieri torcendogli le dita da topo che
si ritrovava. Non lo feci. Mi limitai ad altre forme di vendetta, come
abbandonarlo in autostrada al primo casello utile perché potesse raggiungere casa
sua, in quel di Casale Monferrato, impiegandoci più tempo possibile. Un’uscita
lontana quanto bastava perché si fottesse parte della licenza breve, un
manciata di ore, alla ricerca di passaggi e mezzi vari. Era così stupido che
non colse la sottigliezza e dopo poco venne congedato. Un uomo senza onore tra
i troppi.
Oggi
è un ricordo, ma le città rifugio oltre
il Giordano non mi fanno dimenticare che anch'io ho gustato, e talvolta ancora
gusto, la feccia dell’odio. Si lo ammetto! Quello slavo che per anni è stato
amministratore dei beni immobili della mia famiglia e che dalla morte di mio
padre altro non ha fatto che succhiarci soldi in ogni modo. Un italianissimo
slavo, nato a L’Aquila, col cognome che finisce “ic”, in maniera nemmeno
troppo elegante.
Il
mio è l’odio dello sprovveduto. L’odio di chi, per pigrizia immane, mai prende
carta e penna e si mette a fare i conti. Sembra che un demone cretino mi induca
per snobismo a mai fare quello che il buon senso suggerisce. Messere è troppo
aulico per sporcarsi le dita con i conti della serva e scartabellare tra
ricevute, fatture, consuntivi, spese e balle varie.
Spesso
mi immagino aspettarlo tra i chiaro e lo scuro. Sbatterlo a terra.
Immobilizzarlo e colpirlo fino al lasciarlo tramortito al suolo, lui, con
quegli improbabili baffetti e la mosca da spadaccino fasullo. Gli starebbe
proprio bene, ma…Ma cosa sarebbe di me dopo?
Le
città di Mosè sono altrove nella storia e nella geografia delle passioni umane.
Così preferisco la pazienza che la ricerca della giustizia insegna a costruire.
io invece la pazienza tendo a perderla sempre più spesso ultimamente e la cosa mi preoccupa un po'!!!
RispondiEliminaBuona Pasqua Massimo
Per certe cose bisogna esserci tagliati. E tu non lo sei, ma scrivi molto bene.
RispondiEliminaBuona Pasqua a te e ai tuoi cari!
anche io ultimamente a pazienza sto messo male
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