venerdì 16 marzo 2012

Perchè maltrattare i poeti?

E' un pensiero che mi passa durante questi ultimi giorni. Un tormento, oserei affermare, come sono un tormento tutte quelle domande che assumo i caratteri dell'originalità.
Dopo qualche mese di abbandono sono tornato a studiare nuovamente le "Rime" di Dante nella bella e storica edizione curata da Gianfranco Contini e più volte riedita da Einaudi nella collana Classici Italiani Annotati. Libri straordinari, perfetti, accurati...da tagliere con estrema attenzione e pazienza come si faceva una volta.
La lettura non è facile, ma per me rappresentano cibo per lo spirito e materia per l'ingegno, insomma: fonte di ispirazione (senza essere retorico!).
La questione è un'altra e non ha nulla a che vedere con i testi, sempre impegnativi e di non immediata comprensione, ma con l'apparato critico, preciso, chiaro ed erudito. Perchè? 
Perchè, nonostante la profondità filologica della critica offerta, sembra mancare sempre un qualcosa e questo nel caso di alcuni testi in particolar maniera, quelli "maltrattati" appunto e, paradossalmente, non da Contini il quale, lascia aperte delle finestre evitando di andare a dibattere su argomenti ostici e complessi di squisito carattere filosofico, spirituale ed umano.
Chiariamo una cosa: maltrattati da chi? Dalla letture scolastiche e non, quelle che vogliono sempre andare ad incasellare un autore in una comoda cerchia, movimento o gruppo. Dalla mania di affibbiare a ciascuno un "ismo" di appartenenza.

Ed ora veniamo al testo, lo strafamoso sonetto "Guido i' vorrei che tu, Lapo ed io...". L'ho letto e riletto. Smontato e rimontato e mi sono rimaste queste domande. Prima il testo, però.

Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento,
e messi in un vasel ch'ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio,

sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse 'l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch'è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d'amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i' credo che saremmo noi. 

In questo sonetto si parla di un'amicizia non ordinaria, di un consesso di persone che comunicano tra loro usando la poesia come mezzo. Sono tanti i sonetti inviati ad altri, così come altrettanti quelli restituiti in risposta a formare lunghe catene poetiche che solo apparentemente sembrano accennare alle stesse tematiche.
Che genere di amicizia condivisero Dante, Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Cino da Pistoia, Dante da Majano...perchè quest'occupazione, solo per il fatto che erano tutti più o meno benestanti e non sapevano come occupare il tempo? Un gruppo di mammoni innamorati delle altrui donne?
E se fossi mo davanti ad un linguaggio cifrato ingegnosamente costruito?
Incantesimi, vascelli (navi, barche...arche, governate senza remi e vele), fortunali (cataclismi, finis mundi, diluvio),  voler vostro e mio, un intento comune, un progetto, talento (scopo).
Potrei continuare, ma scelgo di offrire delle chiavi. Se i poeti sono soliti dire, ebbene: qui c'è molto di più di un semplice esercizio poetico nobile e borghese. Se il poeta indica (occupazione che identifica le divinità greche), allora...non voglio stupire nessuno, se non restituire alla poesia quella cifra umana e sociale che le compete evitando di maltrattarla. Qui, e non solo, siamo davanti ad esempi di grande impegno insegnando come l'uomo s'etterna, ovvero: come potrebbe crescere, evolvere interiormente verso l'individuazione.

Il sonetto in questione, come altri ed anche ballate e canzoni, tratteggia una mappa che vuol rivelare un percorso iniziatico ben definito: alla ricerca d'Amore. Un Amore che nulla ha di antiquariato romantico, ma che possiede dei custodi che impediscono l'accesso al luogo del  profondo ai non degni.
Poeta in tedesco si dice dichter, poesia dichtung, e non a caso.

Mi fa ridere quando definiamo Foscolo un materialista, Leopardi un pessimista dimenticando quanto questi uomini, magari meno di Dante, seppero cantare la profondità dello Spirito umano trascendendo i limiti della materia e della ragione stessa. Dante sembra essere andato oltre, ma nessuno, tranne la sua poesia, potrà indicarcelo.
Allora, smettiamola di maltrattare i poeti, quelli veri, per favore, quando loro non fanno che indicare un cammino che ad altro non conduce se non alla salvezza.

Continuerò!!!


25 commenti:

  1. Viviamo in mondo che ha spinto la poesia ai margini. Infatti si vedono i risultati. Resistono qua e là sacche di resistenza.

    RispondiElimina
  2. Risposte
    1. Si, sono d'accordo con quello che dici. Laddove si fa della poesia si resiste alla conformazione forzata.

      Elimina
  3. "In un articolo pubblicato su "El Pais"intitolato "La otra sentimentalidad" viene rielaborato il concetto intimistico indicando il nuovo spazio dove deve dirigersi la ricerca poetica dell'ultima generazione:quella dell'uomo, libero da ogni orpello retorico e crisma sacrale, che torna al suo impulso naturale di vita primaria e sociale.
    Esprimi una ricerca che vada oltre la cerchia endogamica dei poeti e critici amanti della poesia imposta dal gusto simbolista, per il quale il numero elevato di adepti era motivo più di sospetto che di compiacimento."
    Gabrielle Morelli
    Sto appunto leggendo un articolo sulla poesia che mi riconduce al tuo post che mi sta aiutando a definire alcune mie riflessioni.

    RispondiElimina
  4. Potrebbe essere, oltre all'esaltazione primaria dell'amicizia integrata all'amore, la nostalgia per un ideale più armonico di cultura, di romanticismo, di civilizzazione, allora stravolto dalla razionalità mercantile dei Comuni.
    Non mi pare di essere davanti ad un linguaggio cifrato.

    Ma... non potrebbe essere semplicemente un sogno di tre amici innamorati?

    Da questi versi percepisco il sogno, perché addirittura Dante vorrebbe un incantesimo del mago:

    E monna Vanna e monna Lagia poi
    con quella ch'è sul numer de le trenta
    con noi ponesse il buono incantatore

    (Addirittura parla di quella che è la trentesima tra le sessanta donne più belle di Firenze.)

    Sarà che io sono una inguaribile romantica!

    RispondiElimina
  5. In molti hanno scritto sui vari simboli che si trovano in Dante.
    Ricordo in particolare il libro di René Guénon L’esoterismo di Dante edito da Adelphi.
    Il danno comunque viene da coloro che vogliono mettere etichette a poeti di grande valore.
    Spesso ci troviamo invece davanti a veri percorsi iniziatici, proprio come hai scritto tu. E a quella grande spiritualità di cui avremmo tanto bisogno.
    Ciao Massimo, grazie!
    Lara

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi fa piacere sapere che con qualcuno queste idee sono condivisibili. Il libro di Guénon è un testo fondamentale. Ve ne sono altri, letti da angolature differenti, ma altrettatnto illuminanti.

      Elimina
  6. Ti ci sei messo dentro, di buzzo buono. Spirito indagatore, il tuo, eh?
    Contini, è stato un grande critico letterario, ma io credo che ai critici, interessi un autore dal punto di vista stilistico, formale, canonco, della trattazione dei contenuti. Di solito, non si impicciano molto dei risvolti filosofici, etici, ecc. Lasciano molto spazio all' indeterminazione, pur essendo secondo me una grave pecca. Putroppo, come ha detto qualcuno, le cose letterarie, non si basano su delle scienze esatte, come le cose a cui attengono la matematica e la fisica.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si, spirito indagatore, ma non diciamolo troppo forte! Hai colto l'intento della mia riflessione.

      Elimina
  7. E' da quando ero ragazzo che il verso "Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io", da solo, mi riempie di arcane suggestioni. Le tue riflessioni mi hanno molto illuminato in proposito.

    RispondiElimina
  8. Ciao Massimo. In effetti sul mio blog è rimasto solo il refuso: temo che il commento originario sia andato perduto!

    RispondiElimina
  9. Tante grazie per il commento e la pazienza. Il vulcano a cui mi riferisco è l'amato Vesuvio. Per il legame con la Terra, poi, è proprio vero: sono legato ad essa, alla sua semplicità, ai suoi ritmi! Comunque non siamo i soli, te lo assicuro.
    Tornerò a breve a rileggere con calma il tuo intervento!

    RispondiElimina
  10. Leggo e vorrei tornare a scuola. Ricordo il mio magnifico prof...
    Qui mi sento a mio agio. Se continui....grazie.

    RispondiElimina
  11. Sono contento, finalmente qualcuno che esamini questo sonetto che la mia professoressa d'italiano ci ha fatto solo imparare a memoria senza spiegare ... nulla (eufemismo).
    Anche se da quel tempo mi sono riconciliato con la letteratura e la poesia, fa sempre piacere trovare qualcuno, e tu in particolare, che condivida il piacere di leggere e rileggere i classici. Buona domenica.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se partiamo dal presupposto che la poesia è vita, dovremmo imparare a darle il giusto respiro. Buon fine settimana anche a te Elio.

      Elimina
  12. Massimo, commentare i tuoi post è oltre la mia portata, leggo e assorbo quanto posso.
    Ciao e buona serata

    RispondiElimina
  13. Ho letto il tuo interessante post su Dante e i "Fedeli d'Amore" e anche io, come tu ben fai cenno,penso si tratti di una Scuola Iniziatica che pur facendo uso di teminini e immagini letterarie nn si limitava solo a questo,ma usava queste metafore per rimandare a concetti molto più elevati.Benchè Dante sia senza dubbio un grandissimo poeta,nn è solo questo,ma un grande Inziato che nella Divina Commedia ha descritto un viggio"dalle stalle"della selva oscura,alle stelle delle ultime cantiche.E l'Amore di cui si parla nn è un amore umano,ma l'unione del "Fedele d'Amore" con il Femminile Sacro,simbolizzato in modi diversi nelle varie epoche storiche e culture:da Iside a Maria Vergine x parlare in termini cristiani.

    RispondiElimina
  14. Mi fa piacere che tu abbia compreso il senso delle riflessioni che ho proposto. Grazie della visita.
    Buona Notte.

    RispondiElimina
  15. Il percorso degli stilnovisti è quasi sicuramente di tipo iniziatico, come dici tu, come scrive Marzia nel commento. Esiste un saggio di Guenon intitolato “L’esoterismo di Dante" che descrive bene questo medievale e sotterranea visione misterica, legata ai Fedeli d’Amore, comunità esoterica di cui molti stilnovisti, secondo Guenon, facevano parte. Nella Divina Commedia tutto sarebbe velo di misteriose realtà nascoste, il linguaggio stesso di Dante sarebbe così stratificato e reso oscuro anche nell’intento di nascondere questa realtà di viaggio iniziatico ai profani. Del resto il tema del poeta o dell’eroe che scende negli inferi è archetipico. Ci sarebbe da dire molto.

    Bel blog Massimo, complimenti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Fa piacere trovare persone con le quali avere un confronto serio su questi temi. Ti ringrazio del passaggio. A presto.

      Elimina
  16. Il "breve" di qualche commento più sopra si è trasformato in tutt'altro. Mi dispiace del ritardo, ma sono tornato comunque a leggere questo post che prometteva di essere interessante. Ti dirò che condivido l'idea che inscatolare i poeti, soprattutto i grandi poeti, in correnti, movimenti e atteggiamenti culturali definiti è sempre riduttivo. Le grandi personalità trascendono i confini e le etichette, ma questo è risaputo. Tuttavia, a mio avviso, è anche necessario, per ragioni di fruibilità, che la scuola ponga etichette. Insomma, se in parte è sbagliato, catalogare è inevitabile, soprattutto nella scuola, che, in effetti, è il luogo deputato a diffondere il sapere già acquisito. Continuando gli studi, si potrà, liberi da condizionamenti ed etichette, far procedere il sapere in questa o quella direzione, non trovi?

    RispondiElimina