Essere pescatori di uomini o diventarlo? Esserlo vorrebbe dire riconoscere una condizione innata, ma nel Vangelo Gesù promette “vi farò” indicando un cammino che per i discepoli accade nella storia ed è in costante divenire. Quando sostengo e sottolineo la concretezza e oggettività del Vangelo intento precisamente questo aspetto: l’esperienza della fede e dunque della sua ricerca avviene nella storia, esige un suo tempo, la scoperta e la sperimentazione di uno stile di vita (una qualità, quid) e la totale fiduciosa immersione nell’amore di Gesù di Nazareth. Questo è il senso profondo della continua incarnazione e dell’espressione vi farò.
Nelle
situazioni descritte nei vangeli troviamo sempre un prima e un dopo. Vi farò perché non lo siete ancora. Per
esserlo occorre giungere alla conclusione di un cammino e avere distillato la
consapevolezza di una condizione certo originaria per l’uomo, ma ancora da
conseguire. Non si tratta di scoprire nel profondo un potenziale umano da
portare alla luce per essere utilizzato con scopi egoistici ed egotistici. Nel vi farò si manifesta il creare continuo
del Signore, una condizione per la creatura straordinaria, ma ordinaria per
Gesù. Con la vocazione ad essere pescatori di uomini, vengo invitato a
partecipare il miracolo indescrivibile, ma pur sempre sperimentabile di portare
alla vita, di donare ad un’altra persona, il mio prossimo, la possibilità di
comprendere il passaggio da un prima ad un dopo, lo stesso che anch’io ho
compiuto e sto ancora compiendo, il lungo cammino dalla morte alla vita.
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