Colossesi
1, 13-14
E’
Lui, infatti, che ci ha liberati dal potere delle tenebre e trasferiti nel
Regno del Figlio del suo amore per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il
perdono dei peccati.
E’
Lui, il Padre, che dalla dispersione di una vita drogata dalla distrazione mi
conduce nell’interiorità della vita nello Spirito. Nel profondo che mi porto
dentro non posso discendere da solo perché la libertà di intus-legere è
grazia che viene concessa lungo il cammino della ricerca della fede, nel silenzio
del raccoglimento, nella grazia di relazioni umane mature e autentiche, nell’amore.
Il potere delle tenebre mi vuole mantenere schiavo dell’esteriorità dove
regnano disattenzione e bramosia di un insano divertimento, mi vuole inebriare
con false speranze e illusioni, imbonire con le seduzioni di questo mondo.
Accogliendo
Gesù nel centro del cuore, il centro del mio mondo, avvertirò il senso forte
dell’essere trasferito. Il verbo usato per tradurre l’originale è intrigante,
forte. In latino abbiamo trans ferre, portare al di là. L’ingresso nel
Regno è un andare oltre, è l’attraversamento di un confine, il guadare all’altra
riva e, come si dice in oriente, andare sull’altra sponda del fiume. Questo
significa andare al di là di una condizione di tenebre, questo mondo, il
mondo del peccato, verso una condizione
una di luce, il Regno dei Cieli/Regno di Dio. In mezzo scorre la transitorietà,
l’impermanenza del samsara. Tutto scorre, vero, come diceva Eraclito e
nel suo trasecolare rimane il fuoco che non consuma, l’eterno ardere che non brucia
così come viene vissuto nelle esperienze mistiche.
Chi
compie l’atto di trasferire? In Colossesi 1, 13 è il Padre a compiere il trasferimento
e questo dopo la liberazione dalla morsa delle tenebre7peccato. Quanto contano,
allora, gli sforzi che compio cercando una condizione il più dignitosa
possibile per riuscire a carpire momenti di consapevolezza? Seguendo Paolo in
questi passi l’uomo non può nulla se non camminare per crescere nella fede
abbandonandosi a Cristo. Aggiungerei, che l’abbandono può avvenire solo quando
si accoglie il Vangelo. Il mio operare acquisisce senso solo dentro questa
dinamica di accoglienza/abbandono. Ed è entrando in questa dimensione che la
regalità di Gesù può essere compresa in tutta la sua ricchezza spirituale e
materiale. L’andare oltre, infatti, il passare al di là è un divenire, un
evolvere che hic et nunc permette di godere di un’esistenza differente a
livello qualitativo e quantitativo (pienezza della vita) sempre in crescita.
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