venerdì 11 novembre 2022

Nocciolo d'oliva. Su un pensiero di Erri De Luca

 


Leggere scritture sacre è obbedire a una precedenza dell’ascolto. Inauguro i miei risvegli con un pugno di versi così che il giro del giorno piglia un filo d’inizio. Posso poi pure sbandare per il resto delle ore dietro alle minuzie e al da farsi. Intanto ho trattenuto per me una caparra di parole dure, un nocciolo d’oliva da rigirare in bocca.

Erri De Luca, Nocciolo d’oliva

 

Leggere scritture sacre è obbedire a una precedenza dell’ascolto. Sacrosanto! Prima viene sempre l’ascolto. Perché lo dimentico? Perché non ho ancora imparato a fare silenzio. Solo nel raccoglimento del silenzio si può cominciare ad ascoltare. Abramo vive l’ascolto nella notte. Muhammad ha ascoltato nella grotta di Hira vivendo la sua esperienza teopatica. I saggi che hanno dato avvio alla tradizione orale vedica hanno ascoltato (Śruti) la rivelazione. Ascoltare è un’esperienza umana, aurorale, una precedenza appunto perché dovrebbe venire prima. Senza questo riconoscimento non è possibile leggere nessuna scrittura sacra. Ascoltare, e il saperlo fare, riempie di senso il quotidiano insegnando ad accogliere sé stessi nell’incontro con l’altro e con il mondo. Ma prima è sempre un ascoltarsi rivolgendo lo sguardo dentro, imparando l’arte dell’intus lègere. Per queste ragioni, e senza timore alcuno, posso affermare che un persona è intelligente perché ha appreso la via dell’ascolto.

Il giro del giorno piglia un filo d’inizio. Un filo. Sembra che un esilissimo filo sia sufficiente per non perdere l’orientamento nella distrazione di questo mondo. Mi sveglio. Seguo i consunti rituali mattutini fatti di poche cose iniziando con l’impegno della Liturgia delle Ore (già questa una benedizione) per concludere con la Scrittura. Questo per me. Da come leggo, e su questa riflessione sono tornato diverse volte, Per De Luca la Bibbia è un appiglio, è la sporgenza alla quale aggrapparsi per non precipitare nel vuoto del baratro della quotidianità. Il giorno ha un suo giro, come il vento. Il giro, un cammino che si compie indipendentemente dalla mia/nostra volontà. Il giro ha sempre un inizio e una fine, altrimenti non sarebbe un giro, una sorta di cerchio, ma una migrazione. Chi fa un giro ritorna sempre a scapito dell’ineluttabile e della prigionia nella casualità.

E’ vero. Anche se spesso i versetti che si leggono sembrano lontani e muti, talvolta grigi come i reperti delle epoche remote, domandano di andare oltre, di non stancarsi mai dello sforzo perché prima o poi si aprono infrangendo il velo di Maya per rivelare tesori insospettati.  Questo modo di agire ha un suo gusto. Si fonda su un ricordo, un appuntamento che profuma di impegno schiudendo alla dimensione della possibilità. Per cogliere ciò che è possibile devo essere in una condizione qualitativamente diversa da quella ordinaria. Allora giungerò ad assaporare l’Inizio, io che sono iniziato, cominciato, e sarò finalmente in grado di penetrare in un attimo di estasi.

Posso poi pure sbandare…Dovesse accadere saprò che ho trattenuto per me un qualche cosa di prezioso. Non è per niente scontato, certo, ma quello che pesa è l’averci onestamente provato. La banalità cerca sempre di portarmi via tutto quello che può riducendomi ad un misero cencio ecco perché non bisogna cedere, ma resistere. Se so che le cose sono messe come sono, significa che la risoluzione del problema deve passare attraverso un’altra via, quella che la Scrittura mi indica da secoli.

Bella l’immagine del nocciolo d’oliva. Se sono riuscito ad assaporare il gusto della polpa, poca ma intensa nella sua fragranza, il nocciolo che trattengo in bocca mi rimanda sempre all’intero. Anche se non con le stesse proprietà, veicola un suo gusto stimolando la ruminazione, quella ruminatio praticata dentro quel santo istituto che è la Lectio divina.

Parole dure. E allora? Chissà per quale motivo mi hanno insegnato che non c’è nulla di duro nell’esperienza cristiana, che tutto è gratuito, che Gesù passa e trasforma tutto con una bacchetta magica. Sbarazzarsi di tutte le false immagini che mi hanno fatto e mi sono fatto di Dio non è per nessuna ragione così semplice. Probabilmente è perché per demolire le comodità di una credenza infantile devo rischiare giungendo alla tabula rasa dell’ateismo, quando scatta la molla del rifiuto. La fede non ha nulla della credenza. La fede la respiro nella Scrittura quando dopo l’esperienza di soffocare torno a respirare a pieni polmoni e la cosa non è per nulla indolore. Sono parole che respingono, vero. Ma non mi devo stupire. L’idea di intraprendere un lungo cammino non incoraggia mai, anzi. Lo ammetto senza retorica: la mia comodità spirituale ha bisogno di parole dure, taglienti, per ritrovare il digiuno della ricerca.

Sputare il nocciolo, dunque, assumerebbe i connotati di una rinuncia che sa già di spreco, dispersione…disattenzione.

Un ultimo pensiero. L’ulivo è un albero biblico, squisitamente evangelico. L’olio, il suo estratto attraverso la sapiente opera di spremitura, un balsamo del quale spesso dimentichiamo le virtù. Comunque, nel frantoio sono lavorati anche i noccioli.

 

 

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