domenica 22 aprile 2012

Parmenide (1)


Scavi di Elea (immagine dal web)


Tenebre assassine voraci d’incubi,
ho attaccato le cavalle al carro, ebbro
di sogni inconclusi e via, voce a succubi
pensieri, con stridore barbaro di ferro
sulla strada dei numi.
                                    Madre oscura,
grembo profondo, l’ombra dura
strazia remote emozioni d’amore,
calce spenta, quartieri e suburre,
ferrofuocofiamme, pietra che frana.
Sono fuori, finalmente, sotto un cielo
rigato d’aurora, vetro infranto, coccio
(un mattino tetro m’attende). Un rogo
avvampa la carne: per troppe estati
ho ceduto all’inganno di lingue forcute
per frotte a due teste d’insana mania.


5 commenti:

  1. Ciao Massimo, tutti cediamo all'inganno, nasciamo e viviamo nella sua culla, siamo ciechi che non conoscono veramente la strada dell'essere, solo alcuni hanno la giusta percezione di come essa sia realmente e la cercano attraversando, con grande fatica, il mare di sofferenza del disinganno.
    Bellissima poesia!

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  2. Versi forti come il bronzo in cui sono incisi!

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  3. Beh, troppo sul filosofico, difficile tenere il passo. Questi passaggi da Platone a Parmenide, troppo tosti, per lo scrivente. Quanta polvere, respiro!!!

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  4. I sogni inconclusi chissà se riprenderanno da dove erano rimasti sospesi.

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