Lo devo ammettere! Talvolta sono
venale, ma non senza scadere nell’indecenza. Perché?
Chiedo
venia per l’apertura diretta e senza troppi convenevoli, ma quanto in calce
dichiarato è vero poiché frutto di attenta osservazione. Dunque?
Devo
procedere con ordine.
Mercoledì
scorso, l’otto di giungo, la scuola è stata in subbuglio fin dalla prima ora a
causa dell’annuale foto di classe. Normale amministrazione, si potrebbe
commentare, anche se di normale non c’era proprio niente, a cominciare dal caos
generatosi nell’atrio dell’Istituto proprio al momento dell’entrata, dopo il
suono della campanella.
Confesso
al mondo che non mi piace entrare presto a scuola. Lo faccio, e per ben quattro
mattine consecutive, confidando nell’eventualità che i nostri ragazzi lavorano
meglio quando è presto, prima di subire la bomba anestetica del lungo
famigerato orario otto/quattordici pensato dai soliti geni della didattica (sic
transit gloria mundi).
Insomma.
Arrivo in tempo lecito. Raccatto il registro di classe dalla sala insegnanti.
Scambio qualche veloce battuta con colleghe e colleghi e, dopo aver inspirato,
mi consegno alla tanto famigerata 3B.
Tutto
nella norma! Certo, tranne il fatto che i ragazzi sono in fibrillazione e
proprio a causa della foto di classe. Non ci rimugino sopra troppo. Quando
scopro che il fotografo è bello che pronto in cortile, mi prenoto per primo e,
anziché far salire gli alunni al secondo piano, dove hanno l’aula, li invito ad
accomodarsi all’esterno.
Ammetto
che, con una mossa del genere, il mio indice di gradimento è salito di punti,
nonostante fosse già alto, comunque…L’occasione è buona per osservarli ancora e
con loro me stesso. I meglio e le meglio si sono preparati presentandosi
pettinati e vestiti opportunamente, malgrado il vento che sferza i grandi tigli
che fanno da quinta tra l’edificio scolastico ed i brutti condomini di fianco,
scompiglia acconciature di vario genere e foggia.
L’aria è
fresca e frizzante. I cuori battono e gli schiamazzi scorrono. Mi piacciono questi
momenti. Sono oro che cola, se uno desidera guardare oltre il limite delle
consuetudini.
Chiacchiero
con alcuni. Sparo scemenze, controllandomi. Giocherello, sempre con distacco,
mentre loro si esprimono esuberanti d’adolescenza, ignari del mondo fuori,
quello che si oppone ad ogni umana lecita aspettativa. Con serenità, scopro che
la cultura, quella vera, passa attraverso i momenti più disparati e meno
convenzionali.
-
Come farà l’anno prossimo? – La voce che m’interpella è quella di Giuseppe. Un
omone di tredici anni. Grosso e scuro. Buono, certo, ma diretto e malizioso:
sgamato, come dicono tra loro. Per me un capo furbo ed accorto.
-
Non siete i primi che porto all’esame di licenza, - rispondo.
-
No, ma noi siamo diversi.
-
Parecchio! –
Mentre
parliamo il fotografo armeggia con la fotocamera. Regola il cavalletto.
Smanetta con ghiere e pulsanti. Noi aspettiamo. E’ bello anche così, godendosi
l’inerzia.
Finalmente
è il momento. I ragazzi vengono invitati a sistemarsi su tre file. Una seduti,
una in piedi ed una su traballanti panche. Comincia la ridda delle risate,
degli spintoni. Qualche mano azzarda mosse proibite. Improvvise tirate di
capelli. Battute d’ogni genere.
Il
fotografo, abituato a lavorare con le scolaresche, ce la mette tutta per
metterli a posto in maniera confacente e con sforzo.
-
Ieri sono caduti dalla panche! Ho perso un’ora…Fermi voi in seconda
fila…Ragazze, non con le gambe aperte, per favore! Dai, due minuti e tutto è
fatto…Fermi! Formaggio!!!
Ben
cinque scatti è costata la 3B. Non sarebbero stati loro. Li richiamo
invitandoli a salire. Mugugnano. Ringrazio il fotografo.
-
A voi professori dovrebbero fare un monumento! - Proclama.
-
Sarebbe meglio ci pagassero il giusto, - commento. Lo guardo sorridendo e
tendendogli la mano lo saluto.
Perché
rimuginarci sopra? I monumenti sono per gli eroi, i santi, i martiri e tutti
quanti hanno ottenuto quello che chiedevano. Noi insegnanti non domandiamo altro
che poter svolgere il nostro lavoro sostenuti dalla consapevolezza che il
nostro è un impegno gravoso. Per questo andrebbe pagato con il dovuto e non
sfruttato in maniera miserevole ed indegna.
Sono
venale? Niente affatto! Sono realista, dato che sono cosciente di quanto sia
facile rovinare un giovane campo dissodandolo nella maniera sbagliata.