Fernando Pessoa (immagine da Wikipedia) |
Fu Bernardo Soares, Alvaro de
Campos, prima
fu mastro Caiero, dopo i due Reis
e i Search
in ricerca di sé e chi sono.
Ancora: Teira, Mora,
di nuovo Pessoa, colui della
pioggia obliqua,
la chuva stilla del cuore,
in seguito i molti sperduti
in quel di Lisbona: ricordo il
mondo prono
sull’oceano furia antica col
maschio Tago
che scuro penetra profondo il
tepore del mare
fecondo di embrionale pneuma,
brodo, passione.
Poeta trafitto, Fernando, il
bicchiere gelato
tra le mani, un mazzo di lettere giocate
su promessa scommessa d’amore nel
turbine
sinuoso e femmina del Fado
cantilenato su nenie.
Bramata sfortunata Ofelia,
corteggiata tentazione
in lunghi tramonti di sangue,
spremi inchiostro
per carte essiccate nel cimitero
di bauli e schedari.
I molti s’annullano nei diversi e
vociano
vita non morte agli io/legione
garruli d’attesa,
muto demone per inquieto dolce
stormire
della burrasca estrema che smorza
nel fuoco.
Bussano. “Avanti!” sussurra
il vegliardo sapiente.
“Entrate, qui attorno c’è dio
per tutti!”