venerdì 29 giugno 2012

Iconostasi 2


Volti tumefatti, perfetti, mirabili visioni
folle trangugiare frappé esistenziali
alla salute dell’archetipo conforme.
Ai santi falsi di belletto e lustrini, ciprie
e spoglie di soli imbroglioni, preferisco
cogliere il fiore del nulla mistico e li
trovare il profondo sicuro dell’abbandono.
Cosa mai mi fotte della crisi di mercato,
dei maquillage intellettuali, degl’incravattati
in lunghe file vocianti profitto e interesse?
Dell’immagine facciata, il design industriale,
la domotica sepolcrale, l’imbiancatura
del marciume putredine ossa e rifiuti,
quando si muore così, come fato scritto
per ogni essere senziente sotto luci gialle
perché the show must go on e buona notte?
Coglierò il fiore del nulla mistico, certo,
mentre molti guarderanno attoniti con occhi
cerchiati per patto di nera disperazione.
Ora, m’inebria un profumo, vago sentore:
il fiore del nulla tra le mani e la lingua
pronta al dire l’indizio raccolto di straforo.
Lascio la comoda difesa nicchia  e avanzo…

giovedì 28 giugno 2012

Iconostasi 1


immagine dal web


Come dire, quando ebbro d’ogni cosa
e dove, così che rincorro fantasmi spenti
d’inutile spreco.“Che la festa cominci!”
l’urlo che sbriciola l’erebo etilico
del silenzio contratto in postulati d’inganni.
Sull’abaco il computo degli anni  ritorna,
prova del nove, catodica disillusione
che determina onirico hobbismo di massa.
Giace bellezza confusa, esausta di bagni
e defilè  su passerelle laccate di nulla.
Ridda di parvenze, su specchi ustori
che avvampano insani svolazzi retorici
e incinerano vite vissute in emotivi coaguli.
Cosa farò, se non cantare il buio triste
dei crocicchi solitari, il bitume fangoso
di scroscio acido, le foglie morte e sole
sui sepolcri grigi, le insegne divelte?
Oltre, s’apre il tempo prima del tempo,
l’opportuno memento, il singulto del vuoto,
l’ascetica distanza, l’arcaico armonico mantra.

mercoledì 27 giugno 2012

Notte...


Notte di sogno incubo afflosciato stanco,
fisso il rumore del cielo grumoso di caldo.
Non è il tamburo del temporale lontano,
forse il cuore che bussa il richiamo roco
nelle ombre cangianti del sonno strozzato.
Fuori, un manto d’ombra schiaccia sul vuoto
mentre io m’accorgo del doppio accovacciato
accanto al letto che scruta le mie membra
sudate. Chi sono, nello specchio rifratto,
nell’intrigo rosso di segmenti esistenziali?
L’io impoetico che si sbatte disperso
tra carte sdrucite e strappate nell’urlo
dell’oggi assemblato da mani impietose?
Oppure quel lui ingessato nell’aria da savant,
ma condannato ad insozzarsi nell’opporsi
del mondo paludoso d’attriti e contrari?
Mi ricongiungo nell’amplesso, io tu molti,
traccia di materia oscura sostanza di luce:
qualcuno, lontano, cerca con spari d’abbattere
il diverso, per questo m’accingo alla cerca
della molteplice identità del mistero sublime.

martedì 26 giugno 2012

Fuga minore


Sottrarsi ad occulti progetti
tepore d’un tramonto coperto
d’infamia e ignudo d’amore:
gestare compassione strappa
al comodo subire cieli di noia.

Grido qualche verso scabroso
pesato nel dissenso aguzzo.
Fanno male i volti rigati,
le anime morte, i fallimenti
delle legittimate aspettazioni.

lunedì 25 giugno 2012

del pensiero e la sua possibilità

Inferno - Gustavo Dorè (immagine dal web)
L'inferno è l'impossibilità della ragione

Una frase che sa proprio di aufklarung, anche se pronunciata da Charlie Sheen in una delle scene di Platoon, di Oliver Stone. Malgrado la collocazione cinematografica, rimane un pensiero importante, anche se estrapolato dal contesto folle della guerra.
Potrebbe essere accompagnata da quella scritta da Sartre, l'inferno sono gli altri (A porte chiuse), oppure dalla cattolicissima boutade di Hans Urs von Balthasar, l'inferno, se esiste, è vuoto. Tutto, comunque ci invita alla riflessione.
Oggi, propendo per la prima, visto la situazione di decadimento morale e altro che siamo costretti a vivere. Malgrado gli attentati continui, credo sempre nella ragione e nelle possibilità che ancora ci offre. La ragione implica dialogo, e nel dialogo passa l'idea della distensione e germina la pace, quella autentica e non l'effimera bandiera che tutti sventolano e non rispettano. Inoltre, il dialogo è impossibile senza la condivisione, e di condividere ne abbiamo un bisogno folle.

sabato 23 giugno 2012

Epochè esistenziale

Cosa mi rimane da fare?
Guardare dentro me stesso, se non voglio essere travolto dal magmatico marasma degli incazzati
Cosa potrei mai trovare nel vortice delle identificazioni, laddove imperano le associazioni mentali in tutta la loro pericolosa fascinazione? Già ne siamo preda per causa naturale, perché complicare la situazione con le proprie mani?
Certo, raccatterei il conforto, falso e bieco, dei troppi malcontenti e dopo? Dopo essermi lasciato depredare da quanto di maggiormente prezioso?
Otterrei in dono il qualunquismo stucchevole di chi si conforma e adegua, quando non comprende, all'orda evocata dal primo trombone liberalpopulista, buon imbonitore, magari sostenuto da ugola a prova d'urlo, ma sempre più adatto a fare il piazzista.

Questi sono tempi da consegnare al silenzio, al distacco per meglio osservare quanto attorno accade. Un fenomeno, per venire capito, deve essere posto sotto il giudizio severo della ragione ed indagato fino all'impossibile. Questo non è attuabile, se rimango avviluppato nelle maglie dell'identificazione. Occorrono scienza e metodo e lo spazio necessario dove mettere sana e santa prudenza.

venerdì 22 giugno 2012

Dopo Rousseau

Mi sono fermato a guardare. Lo faccio spesso, quando le giornate si complicano di faccende da sbrigare.
Non sembra vero, come e quanto scorre il tempo nel ritmo della vita e quando scelgo di scrivere, torno a sminuzzare le occasioni nell'alimento vitale dello spirito.
Il vento è caldo, di questi giorni. Un vento traditore di sentimenti bruciati nell'arsura, ecco perché preferisco bere tutte le fantasticherie del mondo.
Si, mi sento un camminatore solitario! Il bello, come amore e morte, rimane una questione privata.

Per imparare il pensiero (se possibile)

Jean Jacques Rousseau (immagine dal web)


Coloro che vorranno trattare separatamente la politica e la morale non capiranno mai niente di nessuna delle due.

Jean Jacques Rousseau

martedì 19 giugno 2012

Pensiero attuale

Simone Weil (immagine dal web)

"I partiti sono organismi costituiti in maniera tale da uccidere nelle anime il senso della verità e della giustizia"

Tratto da: Simone Weil, Manifesto per la soppressione dei partiti politici, Castelevechi 2012



domenica 10 giugno 2012

Monumenti di fame


              Lo devo ammettere! Talvolta sono venale, ma non senza scadere nell’indecenza. Perché?
            Chiedo venia per l’apertura diretta e senza troppi convenevoli, ma quanto in calce dichiarato è vero poiché frutto di attenta osservazione. Dunque?
            Devo procedere con ordine.
            Mercoledì scorso, l’otto di giungo, la scuola è stata in subbuglio fin dalla prima ora a causa dell’annuale foto di classe. Normale amministrazione, si potrebbe commentare, anche se di normale non c’era proprio niente, a cominciare dal caos generatosi nell’atrio dell’Istituto proprio al momento dell’entrata, dopo il suono della campanella.
            Confesso al mondo che non mi piace entrare presto a scuola. Lo faccio, e per ben quattro mattine consecutive, confidando nell’eventualità che i nostri ragazzi lavorano meglio quando è presto, prima di subire la bomba anestetica del lungo famigerato orario otto/quattordici pensato dai soliti geni della didattica (sic transit gloria mundi).
            Insomma. Arrivo in tempo lecito. Raccatto il registro di classe dalla sala insegnanti. Scambio qualche veloce battuta con colleghe e colleghi e, dopo aver inspirato, mi consegno alla tanto famigerata 3B.
            Tutto nella norma! Certo, tranne il fatto che i ragazzi sono in fibrillazione e proprio a causa della foto di classe. Non ci rimugino sopra troppo. Quando scopro che il fotografo è bello che pronto in cortile, mi prenoto per primo e, anziché far salire gli alunni al secondo piano, dove hanno l’aula, li invito ad accomodarsi all’esterno.
            Ammetto che, con una mossa del genere, il mio indice di gradimento è salito di punti, nonostante fosse già alto, comunque…L’occasione è buona per osservarli ancora e con loro me stesso. I meglio e le meglio si sono preparati presentandosi pettinati e vestiti opportunamente, malgrado il vento che sferza i grandi tigli che fanno da quinta tra l’edificio scolastico ed i brutti condomini di fianco, scompiglia acconciature di vario genere e foggia.
L’aria è fresca e frizzante. I cuori battono e gli schiamazzi scorrono. Mi piacciono questi momenti. Sono oro che cola, se uno desidera guardare oltre il limite delle consuetudini.
            Chiacchiero con alcuni. Sparo scemenze, controllandomi. Giocherello, sempre con distacco, mentre loro si esprimono esuberanti d’adolescenza, ignari del mondo fuori, quello che si oppone ad ogni umana lecita aspettativa. Con serenità, scopro che la cultura, quella vera, passa attraverso i momenti più disparati e meno convenzionali.
            - Come farà l’anno prossimo? – La voce che m’interpella è quella di Giuseppe. Un omone di tredici anni. Grosso e scuro. Buono, certo, ma diretto e malizioso: sgamato, come dicono tra loro. Per me un capo furbo ed accorto.
            - Non siete i primi che porto all’esame di licenza, -  rispondo.
            - No, ma noi siamo diversi.
            - Parecchio! –
            Mentre parliamo il fotografo armeggia con la fotocamera. Regola il cavalletto. Smanetta con ghiere e pulsanti. Noi aspettiamo. E’ bello anche così, godendosi l’inerzia.
            Finalmente è il momento. I ragazzi vengono invitati a sistemarsi su tre file. Una seduti, una in piedi ed una su traballanti panche. Comincia la ridda delle risate, degli spintoni. Qualche mano azzarda mosse proibite. Improvvise tirate di capelli. Battute d’ogni genere.
            Il fotografo, abituato a lavorare con le scolaresche, ce la mette tutta per metterli a posto in maniera confacente e con sforzo.
            - Ieri sono caduti dalla panche! Ho perso un’ora…Fermi voi in seconda fila…Ragazze, non con le gambe aperte, per favore! Dai, due minuti e tutto è fatto…Fermi! Formaggio!!!
            Ben cinque scatti è costata la 3B. Non sarebbero stati loro. Li richiamo invitandoli a salire. Mugugnano. Ringrazio il fotografo.
            - A voi professori dovrebbero fare un monumento! -  Proclama.
            - Sarebbe meglio ci pagassero il giusto, - commento. Lo guardo sorridendo e tendendogli la mano lo saluto.
            Perché rimuginarci sopra? I monumenti sono per gli eroi, i santi, i martiri e tutti quanti hanno ottenuto quello che chiedevano. Noi insegnanti non domandiamo altro che poter svolgere il nostro lavoro sostenuti dalla consapevolezza che il nostro è un impegno gravoso. Per questo andrebbe pagato con il dovuto e non sfruttato in maniera miserevole ed indegna.
            Sono venale? Niente affatto! Sono realista, dato che sono cosciente di quanto sia facile rovinare un giovane campo dissodandolo nella maniera sbagliata.

sabato 9 giugno 2012

mercoledì 7 giugno...

La foto di classe ha fornito l'espediente. Poi il vento, fastidioso e carico di pollini strappati ai tigli gonfi di profumo (una tortura per me, allergico come sono). Stare coi ragazzi, comunque, è stata l'occasione, ancora più ghiotta, perché quando l'anno è ormai volto al disio, il lato umano d'ognuno si scopre e diventa più semplice avvertire gli altri come esseri umani bisognosi della dovuta attenzione. Poi è poesia, sempre, dato che basta la semplicità dell'attimo e il lavoro letterario dopo.





(mercoledì 7 giugno, 3B foto di classe)

Dimensione distorta da “Claire de Lune” sul vociare,
in cortile foto di classe brunita in metallici nembi,
schiamazzano le fronde senza tema del vento ora più forte.
E’ ancora troppo lunga la notte dell’essere, indomito
custode di storie scritte nelle crepe del tartan consunto
da salti corse gare. Stessa grigia corte, cambio di scena,
reti rugginose alte come memoria di contenzioni forzose
quando ormai l’individuo e le sue dimensioni sono abbaglio
nel progetto d’omologare chiunque quale indefesso
consumatore di cotanto pattume sull’infinito ermo colle.

Nostra Signora dell’Ipermercato, della fiera tecnocratica,
orribile onnivoro ventre che macina inghiotte e ingolla
incauti incoscienti per evacuare subumana putredine.
Ormai i lager sono antiquariato bellico poiché il folle
sterminio comincia con la deriva social didattica
per gli abissi allucinati d’un fittizio imperio economico.

Con rischio, sfuggo all’aritmetica fobica della decesso,
lasciando ad ignari bagnanti il mare dell’apparenza:
sulla risacca, i poeti raccattano quel che resta del naufragio.

Riemergo. Sono ancora qui per coloro ai quali ho trasmesso
tracce sulla mappa del disinganno insegnando la libertà
dell’umano fare, la magia della materia bretone, che addita
l’accusa laddove si deturpano i prossimi del tempo a venire.


giovedì 7 giugno 2012

Crimini economici contro l'umanità

immagine dal web

Perché non chiedere a l'Aia di istituire un Tribunale Internazionale in grado di perseguire coloro che si macchiano di "Crimini economici contro l'umanità"? Nella nostra nazione siamo a questo, purtroppo, ma siamo ancora troppo pochi a rendercene conto. Sono conscio del fatto che è un utopico sogno dato che fa più notizia punire un massacratore piuttosto che un affamatore anche se, in entrambe i casi, sempre di criminali si tratta dato che la morte dell'individuo si può declinare secondo differenti casi.
Comunque, sarà per il fatto che ieri ho saputo quanto mi ruberanno con la famigerata IMU - e la nera bile mi è salita fino alla feccia - che congedo questi versi (magari poco belli) dove cerco la poesia laddove il letame che c'impongono stringe alle narici.
Seguo un maestro (del quale non faccio nome), criticato certo, ma duro e diretto, salace e veritiero dietro lo sguardo profetico gettato sullo squallore di questo inizio di millennio.


                              Criminali! Loro sperperano e noi paghiamo e la cosa stride,
soprattutto quando scade nell’ipocrisia del potere subdolo,
quando sfottono il prossimo inneggiando alla sobrietà e si beano
come vizzi papaveri per una bella inutile parata di fantaccini
e cavalli con mache urla belluine e guerresche, con connesse
luculliane delizie per i pochi ammessi alla tetra spartizione,
sull’orfano colle tra ori e sfarzi d’altre becere favole passate.
E dopo?  Indire il lutto nazionale, chiedere il minuto di silenzio,
assumere ghigni contriti e indignati, intessere retorici peana
anziché sottolineare il silente decoro dei tanti che hanno le mani
scorticate dallo scavare tra macerie. Troppo comodo così!
La giustizia è giusta, ma sembra tardare a chiedere conto
di rimpasti e ladrocini, di politiche da strapazzo, di tasse
inique estorte al risparmio di chi lavora con onestà
e si toglie il pane dalla bocca pur di non cedere al sopruso.
Sono stufo, e sarei meschino se non cominciassi a dire
quello che penso, senza paura perché io credo nella libertà
che questi quattro parassiti pidocchiosi vorrebbero mutilare
poiché incapaci di stare di fronte all’inveterata inettitudine
che li sostiene. Professori di cosa? Tecnici per chi?
E quelli di prima? Li come sciacalli sul cadavere a spolpare
le ultime possibilità di un popolo prossimo alla fame,
intenti a spidocchiarsi di dosso le passate lordure…
Ora basta! Ho già scritto troppo. Guardo al bello che la vita
ancora nasconde dato che è giusto insegnare ai figli
che sarà ancora possibile bere la meraviglia dell’aurora
                              malgrado le sozzure di troppi umani indegni del nome.





martedì 5 giugno 2012

Sul confine...


Sul confine, all’estremo col dovere
di dire usando ridotte parole
per afferrare della notte tracce
d’umido quasi materia marchiata
e graffita dall’intreccio dei sensi,
occhi, uno sguardo giovane luce,
indagano laddove dietro spettro
la malizia descrive il proibito
d’un respiro con la mente che fila
gonfia del bello sconvolto nel sogno.

lunedì 4 giugno 2012

Alchimie d'amore


Alchimia (immagine dal web)



Le bizzarre complesse alchimie dell’amore,
sono estenuanti manovre, giorni memoriali,
quando lo cerchi e l’incontro non scatta
nell’ingegneria rosso amorosa dei corpi
per dirompere laddove e quando solo carne
s’avvampa di quella vita viscerale e opaca
che sconvolge ogni umana simmetria
nella passione.
                         Non conosco molto, oltre
l’anatomia spicciola, i minimi massimi dovuti
all’igiene, le clausole soporose dell’educazione
affettiva, eppure ho intravisto che in origine,
questa natura sessuata, ombrosa e materica,
gioisce in parole che tuonano benedizione.
So solo che la pura libertà dell’atto ha un costo,
per scalare e vincere le prurigini dell’ipocrisia.

domenica 3 giugno 2012

Scritto in blu


Scritto in blu, come i pensieri che mancano,
le paure che stramano, il bolo d’amaro
che soffoca e che sputerei con tedio.
                                                            Maledetto
il quotidiano quando tradisce in –ismo e si fa
l’ideologia del tutto che vorrebbe forzare l’esistere
nel vivere, ridurre il panta rei  nell’ordinato
compitino di biologia marina o in qualche scolare
reazione di chimica sentimentale. C’è di più se Il y a,
ma dove come quando e ancora: perché?
Sono stramazzato sulla scacchiera! Quale mossa?
Mi lancio in una variante, sacrifico il cavallo? Scacco!
Ora il rischio dell’assurdo strozza, dita di morte,
e rimane quell’olezzo infame, ovunque…

Scritto in blu e sottolineato in rosso,
come inaspettata correzione al tema, ma da chi?
Forse il destino? E perché? Oltre lampi tuoni e procelle
qualche deuccio da parata spocchioso e vile,
univoca proiezione dell’ipocrisia umana quando
non scommette sul fato e preferisce la quiete
disperata del nulla, l’ipermercato dell’idiozia,
del qualunquismo in sempiterna promozione:
avanti voi, nell’impero del tre per due!
A me, però, comincia a fare un tantino schifo.
Lo scrivo in blu, correggo rosso e sottolineo nero.